Il commento di Marcello Mancini
Finito Biden, viva Biden. La storia dirà che presidente sia stato. Ora che si è dimesso, cresce improvvisamente il fronte di chi lo esalta (a parte, ovviamente, Trump: “È stato il peggior presidente di sempre”) , magari gli stessi che lo hanno aspramente criticato fino a qualche giorno fa. Il motivo è che rinunciando alla ricandidatura, ha tolto le castagne dal fuoco ai democratici. Per l’ammirazione che tutto il mondo ha sempre avuto per gli Stati Uniti, tuttavia è difficile comprendere come un Paese di grandi e solide tradizioni come quello a stelle e strisce, e in primo luogo la più grande potenza mondiale, si sia ridotta a decidere chi dovrà guidarla nei prossimi quattro anni, soltanto negli ultimi mesi. Il decadimento della politica, di cui qui da noi ci lamentiamo quotidianamente, evidentemente non è una sindrome solo italiana. Non c’è una democrazia occidentale che non abbia problemi in questo momento storico. Perfino Emmanuel Macron, che sembrava detenere saldamente il potere in Francia, ha vissuto una crisi seria dopo il risultato delle ultime Europee e, benché la mossa delle elezioni anticipate gli sia riuscita, ancora non ha trovato la stabile via d’uscita che gli consenta di governare il Paese fino alla naturale scadenza del suo mandato. In questo clima c’è grande curiosità anche per vedere che cosa succederà nell’Unione europea, dove la conferma di Ursula von der Leyen è solo l’inizio delle manovre intorno al nuovo governo di Bruxelles: c’è una maggioranza, spostata a sinistra, ma non c’è la scelta dei commissari che avranno un peso diverso a seconda del dicastero, e dei Paese che li ha espressi. Manca oggi un punto di riferimento mondiale, una certezza che garantisca democraticamente un equilibrio che metta fine all’instabilità politica. Sempre pericolosa quando in circolazione ci sono tanti leader senza troppi scrupoli.
Marcello Mancini