A 31 anni dalla strage. Il ricordo dell’unico giornalista all’interno dei locali dell’Accademia dei Georgofili
In molti raccontano storie, scrivono libri, portano testimonianza di un fatto. Ma in quella tragica notte del 27 maggio 1993 c’era un solo – allora giovane – cronista all’interno dell’Accademia dei Georgofili, appena devastata dalla vile autobomba di mafia. Che sterminò vite, lasciando una ferita indelebile nella città. Chi scrive si trovava nel centro di Firenze, appena risalito in macchina per tornare verso casa insieme ad un amico. Avevamo discusso di basket, la mia passione ed il suo lavoro. Improvvisamente un boato. Lasciato l’amico per strada e posteggiata l’auto, non ci volle molto a capire cosa fosse successo. Con la prima ipotesi, quella di una fuga di gas, cancellata quasi immediatamente dalla tremenda realtà. La Famiglia Nencioni cancellata. Fabrizio, Angela e le piccole Nadia e Caterina, insieme allo studente Dario Capolicchio. Ebbi accesso all’Accademia grazie alla sincera amicizia che ancora – a distanza di anni – mi lega alla Famiglia Scaramuzzi. Ed alla stima infinita verso il Professor Franco Scaramuzzi, allora Presidente dell’Accademia dei Georgofili, una delle figure più alte che Firenze abbia mai avuto. Mi trovai a vedere, all’interno dei locali dell’Accademia, quello che nessun occhio avrebbe mai voluto vedere. Ed a fare la spola tra le macerie dei Georgofili e le transenne esterne, poste come limite all’area delle operazioni di soccorso. Oltre le quali non andavano nemmeno i giornalisti. Un giovane cronista alle prime esperienze, divenuto per l’occasione occhio in tempo reale per colleghi ben più esperti e formati. Quell’occhio che, negli anni, non ha mai scritto libri, articoli o riportato testimonianze su quanto aveva visto quella sera. Forse perchè l’orrore aveva davvero superato la capacità di un eventuale racconto. O, forse, solo per una forma di rispetto non richiesto. Che non viene meno nemmeno oggi, a 31 anni di distanza.
Leonardo Bartoletti