DIRETTORE RESPONSABILE FRANCESCO CARRASSI

25 Giugno 2023

Rottamare le barche in plastica non è cosa facile


AGIPRESS – Quello che sessant’anni fa fu salutata come una rivoluzione che, con la scoperta e l’utilizzo della vetroresina nella produzione delle barche, relegava il legno e il metallo a ruolo di nicchia, aprendo nel contempo la strada all’espansione anche popolare della nautica, sta diventando un problema di non poco conto per l’ambiente. La vetroresina, come si sa, è un composito di fibra di vetro e resina che grazie alle sue caratteristiche “ ottima resistenza, elasticità , leggerezza ed economicità “ la rendono ideale per costruire gli scafi. E cosଠè stato, come si è detto, per oltre cinquant’anni, e continua ad esserlo, tanto che si stima che il mercato globale del solo materiale fibra di vetro arriverà a 4 miliardi di euro nel 2024. Ma mentre questo mercato continua ad espandersi si aggravano i problemi per affrontare il fine vita dell’imbarcazione. Per decenni si è tentato di risolverli conferendo in discarica, più o meno autorizzata, e con l’incenerimento oppure si è ricorsi, purtroppo, a una prassi più economica come l’auto affondamento, compresi magari oli e carburanti.

Le alternative a questi sistemi spiccioli ci sono ma sono molto costosi e quindi poco usati come la macinazione e il processo di decomposizione chimica o di trasformazione del materiale in sostanze riciclabili (pirolisi). Ma il problema nella sua sostanza rimane tutto, tanto che la domanda, partendo da dati diventati impressionanti, è, in tempi di sempre più diffusa consapevolezza ecologica che non c’era all’origine, è questa: come si potranno smaltire le 41mila tonnellate stimate di migliaia di barche di plastica, che già abbonda, per altre vie e drammaticamente, nei mari e negli oceani? Basti pensare che la Commissione Europea afferma che su più di sei milioni di barche di lunghezza sotto i 22 metri nelle migliaia di porti del nostro Continente, 80mila unità all’anno sono al fine vita.

Come spesso succede si tiene in poco conto la legge del contrappasso al momento di una novità . Cosଠè stato anche per le barche in vetroresina e cosଠavviene per i dati negativi che si accompagnano ad ogni innovazione offuscati dai vantaggi scientifici, industriali, economici e come si è visto perfino sociali. Ma prima o poi arriva il conto. In Italia con la legge n. 68 del 2015 si è introdotto il reato di responsabilità penale per “Delitti contro l’ambiente” che prevede una pena massima di 15 anni di detenzione nei confronti di chi, per esempio, si sbarazza delle barche da rottamare soprattutto per evitare costi che non sono bruscolini. È evidente però che “ e i fatti lo dimostrano “ una legge non basta se non affiancata, come si suggerisce, da aziende dedicate al recupero e se possibile al riciclo di questi materiali, aziende non in ordine sparso ma che dovrebbero costituire, per l’estensione del problema, una rete nazionale.

Cosଠcome avviene, per esempio, in Francia, che si è dotata appunto di una rete nazionale ufficiale di riciclaggio e di demolizione delle barche e che, fondata dalla Fédération des Industries Nautique, con i suoi 52 siti di demolizione arriverà a smaltire 25mila barche entro quest’anno. Continuando a guardarci in gito per trovare casi di soluzione del problema si cita la Svezia dove un cantiere produce barche con rottami riciclati a ciclo chiuso per il 10 per cento ma ha anche un prototipo di 4,70 metri fatto con il 20% di vetroresina riutilizzata. E si cita, a maggior ragione, la Rhode Island Marine Trades Association negli Stati Uniti che utilizza gli scafi in vetroresina dismessi per i produttori di cemento, mediante frantumazione. Di sicuro c’è comunque che la questione è diventata sempre più un’emergenza da affrontare e risolvere con serietà . AGIPRESS

Enzo Millepiedi – Stradenuove

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