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25 Aprile 2023

Perchè il 25 aprile continuerà a dividere

Resistenza, troppe <pagine nere> restano nascoste. Vanno raccontate. Il commento di MARCELLO MANCINI.

AGIPRESS – Pacificazione o scontro? Il 25 Aprile non è un’occasione nella quale ritrovare lo spirito unitario dell’antifascismo. Non è una celebrazione storica che racconta e riflette sull’insurrezione della maggioranza degli italiani decisi a cacciare i nazisti e a porre fine alla dittatura del ventennio fascista. E’ ancora una disputa inquinata dalla contrapposizione esasperata fra destra e sinistra, che non dialogano ma litigano. Quella che, con tanta retorica, chiamiamo pacificazione, è ancora molto lontana, sempre che sia raggiungibile. Oggi per la prima volta ho letto sul Corriere della Sera un articolo in cui si affronta un tema che qualche anno fa non trovava posto nell’agenda della ricorrenza. Aldo Cazzullo ha scritto: <L’idea della Resistenza come “cosa rossa”, faccenda tra fascisti e comunisti, è un falso clamoroso>. Un falso che tuttavia ci è stato raccontato per decenni. Durante i quali il ruolo dei cattolici nella resistenza armata è stato trascurato e si è confuso, quasi nascosto, nella retorica resistenziale della sinistra e del Pci. Perché si sono celebrati per anni i partigiani comunisti e mai con la stessa forza i combattenti e i martiri cristiani? Come ha scritto ancora Cazzullo sul Corriere <il no al nazifascismo non fu detto solo dai partigiani, ma da religiosi, militari, ebrei, civili, donne, carabinieri, contadini, internati in Germania>.

Nell’agosto del 2011, per celebrare l’anniversario della liberazione di Firenze, l’allora sindaco Matteo Renzi fu contestato dall’Anpi per aver chiamato il cardinale Silvano Piovanelli, arcivescovo emerito della città , come unico oratore. Fu considerata un’usurpazione, un’occupazione abusiva, laddove i sindaci, la maggioranza dei quali provenienti dal Pci, avevano riservato la ribalta a oratori graditi all’Associazione dei partigiani. Piovanelli ricordò quanti preti antifascisti e antirazzisti, subirono le angherie dei comunisti alla fine della Seconda guerra mondiale. Temi che fino ad allora erano recintati in un terreno inesplorabile. Quanti, per anni, si sono dimenticati dei partigiani come Enrico Mattei, vicecomandante generale del corpo volontari della libertà . Ma anche di Paolo Emilio Taviani, il capo partigiano che ricevette la resa dei tedeschi e che sarà poi pluri ministro democristiano nei governi della Repubblica.

Prima di arrivare a una pacificazione vera e non retorica quante storie tenute nascoste per anni dovremo ancora scoprire? Quanti conoscono, per esempio, la strage di Porzus, in Friuli, dove il comando della divisione della Brigata Osoppo, prevalentemente composta da partigiani cattolici, liberali e socialisti, fu sterminata dai partigiani del Pci, agli ordini del maresciallo Tito, perchè si opponeva all’annessione del Friuli alla Jugoslavia dopo la cacciata dei tedeschi. Fra le vittime caddero Guido Pasolini, fratello di Pier Paolo, e Francesco De Gregori, omonimo e zio del cantante. C’è una celebre lettera che Guido scrive a Pier Paolo, nella quale spiega i motivi per i quali, qualche giorno dopo, pagherà con la vita. La lettera si conclude cosà¬: <Molti partigiani piangono di rabbia perché non vogliono sostituire la stella rossa alla stella tricolore. La nostra parola d’ordine per ora è di rispondere ad una sleale propaganda anti-italiana con una propaganda più convincente>. Non la pensavano cosଠi compagni della brigata Garibaldi, filo jugoslavi, che per questo non si fecero scrupolo di ammazzare i connazionali che pure lottavano contro lo stesso nemico.

Ecco, di queste <pagine nere> della Resistenza, ammette lo stesso Cazzullo, <si è parlato troppo poco: è sbagliato nasconderle. Vanno raccontate>. Già , ma quanti le conoscono? Credo che la pacificazione potrà essere trovata davvero, senza forzature, a sinistra ma soprattutto a destra, quando gli angoli bui di quel periodo, che ci sono ancora (pensiamo ai libri di Gianpaolo Pansa, a cominciare dal <Sangue dei vinti>) saranno svelati. Altrimenti fra un anno, quando celebreremo il 25 aprile 2024, torneremo a parlare degli stessi argomenti, percorreremo le stesse polemiche, si ascolteranno le medesime accuse, e ci chiederemo i soliti perché. Evidentemente troppi conti restano aperti. Cosଠla pacificazione è impossibile perché continua ad essere ostaggio delle ideologie. E invece la conoscenza, senza timori, ci deve portare alla condivisione autentica di un patrimonio di libertà che è di tutti. AGIPRESS

di Marcello Mancini

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