AGIPRESS – Il vetero ambientalismo, sia pure animato dai migliori propositi, se usato in maniera ideologica può creare problemi ai cittadini. Prendiamo i provvedimenti di chiusura al traffico disposti dai Comuni, nell’ambito del famigerato <scudo verde>, che obbliga chi ha un veicolo, a cambiarlo o convertirlo per diminuire l’inquinamento prodotto dal motore della vettura. E’ vero che vecchie auto e furgoni, che risalgono a venti o anche trenta anni fa, emettono gas particolarmente velenosi e dovrebbero essere tolti dalla circolazione; però è anche vero che il traffico non risulta il principale agente inquinante dell’aria che respiriamo. Dunque mi chiedo se valga la pena sottoporsi a sacrifici pesanti per poi ottenere soltanto una piccola quota di benefici. Sacrifici che riguardano le abitudini, ma anche il portafogli, perché cambiare un’auto, sia pure con le agevolazioni e gli eventuali contributi, non è nelle possibilità di tutti. A me pare che nel macrocosmo dell’ambientalismo, piuttosto affollato di profeti green, di ecologisti della prima e dell’ultima ora e anche di troppi filosofi della CO2, ci sia una gran confusione e una minima parte di certezze. Un esempio: Firenze nel 1988 adottò la zona a traffico limitato più grande d’Europa. Ebbene, a distanza di quasi quarant’anni, i risultati non si vedono e, anzi, siamo ancora a cercare ulteriori limitazioni, con fatica e disagi diffusi. Questo conferma che diminuire il traffico non basta. Anche perché l’inquinamento viene dagli aerei, dai pullman (specie in una città turistica come Firenze), dall’autostrada e dai raccordi che assediano le città. Inoltre, è sempre il caso di Firenze, è perfettamente inutile seppellire di divieti i residenti in città, quando non sono accompagnati da provvedimenti analoghi nei centri dell’hinterland. Oltre tutto certi provvedimenti drastici, sono accompagnati da una tale infinità di deroghe, sugli orari e sulla tipologia della auto, che li rendono inefficaci. Non voglio entrare nel tema degli interessi delle case automobilistiche, che non sono estranei alle decisioni politiche sul traffico: sia nazionali che europee. Dice: qualcosa bisognerà pur fare per non soffocare di smog dentro le nostre città. Certo, però non si possono nemmeno prendere decisioni di limitazioni alla circolazione a cuor leggero, senza considerare le difficoltà nelle quali piombano gli automobilisti. Io partirei da una pressante campagna per lasciare a casa l’auto e usare i mezzi pubblici, purché si offra un trasporto comunale e intercomunale efficiente e diffuso; spostarsi in bicicletta (chi può) sarebbe una parziale soluzione, ma da noi le piste ciclabili sono solo uno slogan elettorale e finora non c’è stato un serio supporto alla scelta delle due ruote. Accanirsi sul traffico è la soluzione più facile, anche se poi nessuno va a guardare quali effetti produce. In conclusione: non possiamo ubriacarci di ambientalismo-fuffa, bisognerebbe affrontare un serio programma di ripulitura dell’aria, che non si limiti a fermare le auto e a scatenare sceriffi a fare multe, senza offrire in cambio una adeguata contropartita e senza allargare gli interventi anche ad altre fonti inquinanti. Con la consapevolezza che molti danni sono già quasi irreparabili e indietro non si potrà tornare. Serve comunque una maturità condivisa, certo dagli utenti, ma anche dalle amministrazioni pubbliche, che devono smettere di muoversi come ciechi cani da guardia. Tanto non serve a nulla. Agipress
di Marcello Mancini