AGIPRESS – Il Parkinson è una patologia neurodegenerativa che colpisce 400.000 persone solo in Italia e che insorge mediamente intorno ai sessant’anni, con una quota consistente di pazienti, pari al 10%, che ha un esordio prima dei cinquant’anni. Gli effetti di questa malattia sono la progressiva diminuzione di autonomia e, di conseguenza, la minore capacità di interazione con l’ambiente. La Società Italiana di Neurologia (SIN) e la Fondazione LIMPE fanno il punto della situazione sul ruolo del caregiver, le novità terapeutiche, l’importanza dell’attività fisica per i pazienti. La figura del caregiver, ovvero la persona che si prende cura del paziente, è generalmente un familiare che spesso è costretto a modificare completamente la propria quotidianità, lavoro e abitudini. Il caregiver, occupandosi del paziente, in maniera quasi totalizzante, per circa 20-25 anni, va incontro ad un forte impatto sulla qualità della propria vita con inevitabili problemi psicologici o di natura organica. Inoltre, il caregiver si trova a sostenere costi importanti per potere supplire a quello che purtroppo il sistema sanitario nazionale non riesce ad offrire in termini di assistenza.
“Le persone che assistono i familiari affetti da Malattia di Parkinson spesso non vengono adeguatamente considerate – ha affermato il Prof. Mario Zappia, Presidente Fondazione Limpe e prossimo Presidente della SIN – In Parlamento sono stati presentati due disegni di legge su questo tema già nel 2017 e in occasione della legge finanziaria venne approvato un comma in cui veniva riconosciuta la figura del caregiver, con una dotazione finanziaria di circa 20 milioni di euro per anno che riguardava però anche tante altre patologie oltre il Parkinson, come Alzheimer, malattie cardiovascolari e malattie oncologiche. Ma ci siamo resi conto che ogni patologia ha una sua specificità di cui bisogna tener conto nell’identificare la figura del caregiver e che dovremmo affrontare le cose in modo differenziato, anche per arrivare a un riconoscimento di tipo economico a fronte di ciò a cui il caregiver rinuncia nella vita per poter assistere il proprio caro”.
Un aspetto da non sottovalutare della gestione della Malattia di Parkinson è l’importanza dello sport per i pazienti. Numerosi studi scientifici hanno dimostrato che un esercizio fisico adeguato è in grado di far stare meglio i pazienti dal punto di vista della disabilità motoria; non basta, quindi, muoversi o fare una passeggiata ma, soprattutto nelle fasi iniziali di malattia, è consigliata un’attività aerobica anche intensa, calibrata sulla base della funzione cardiovascolare del soggetto. “Grazie all’esercizio fisico intensivo – ha affermato il Prof. Alessandro Padovani, Presidente della SIN – a livello muscolare vengono prodotte delle sostanze che rappresentano fattori di crescita neuronale in grado di migliorare le cellule, il cervello e probabilmente quelle strutture che sono coinvolte nella malattia di Parkinson. Man mano che la malattia progredisce, l’esercizio fisico va adattato a quelle che sono le condizioni cliniche del paziente, cercando di evitare situazioni che possano creare dei traumi, soprattutto cadute”. Numerose evidenze scientifiche dimostrano anche i benefici della danza, come il tango ma anche la danza celtica, oppure le pratiche orientali come il Tai Chi.
Davide Lacangellera – AGIPRESS