AGIPRESS – FIUMICINO – Cento anni fa, nel 1923, Louis Armstrong incideva il suo primo assolo per la Gennett Records segnando un punto di svolta e inaugurando l’era del jazz classico con la sua incisione di “Chimes Blues”. Con lui si affermò l’idea del solista improvvisatore di jazz e si gettarono le basi per le orchestre dell’era dello swing. A lui il Museo del Saxofono di Roma dedica una serata, sabato 16 dicembre alle ore 21:00, che vede protagonisti Gianluca Galvani e la sua Band. Proprio partendo dal brano del suo primo disco, l’organico passerà in rassegna alcuni dei suoi grandi successi, partendo dai brani di New Orleans fino ad arrivare agli evergreen che hanno reso Louis Armstrong il jazzista più famoso al mondo. La formazione è composta da Gianluca Galvani alla tromba, Piercarlo Salvia a clarinetto e sax, Paolo Bernardi al pianoforte, Renato Gattone al contrabbasso e Gianluca Perasole alla batteria.
La registrazione di “Chimes Blues”fu realizzata in un luogo improbabile “ un capannone dall’aspetto dimesso a pochi passi da una frequentata ferrovia, nella piccola città di Richmond, in Indiana, a 1500 chilometri da New Orleans: lo studio della Gennett. Fondatore dello studio era un certo Henry Gennett, figlio di un immigrato italiano proveniente da un borgo dell’appennino genovese, Borzonasca. Centro storico di emigrazione, il villaggio era famigerato perché la miseria spingeva i suoi abitanti ad esercitare varie attività illegali legate all’accattonaggio: i cerretani praticavano la questua fraudolenta falsificando indulgenze e travestendosi da religiosi. Si trattava di una società che originariamente costruiva mobili e successivamente era passata a produrre grammofoni e dischi. A seguito delle innovazioni tecnologiche di Edison e Berliner, il grammofono aveva iniziato a sostituire il pianoforte come fonte di musica casalinga ed i figli di Henry Gennett “ fiutando queste nuove opportunità di commercio – nel 1916, scaduti i diritti su alcune tecnologie del grammofono, decisero di operare come etichetta discografica con il nome di Gennett Records, creando una rete di negozi e di studi di registrazione e assegnando ai propri agenti l’incarico di cercare talenti regionali e sconosciuti, invitati a incidere la propria musica senza il controllo di un produttore ma solo rispettando le condizioni tecniche necessarie a produrre un risultato accettabile. Furono loro ad accogliere per la prima volta da Chicago il gruppo di King Oliver per incidere una serie di matrici. Di questo gruppo faceva parte il 22enne Louis Armstrong, un giovane che veniva dalla provincia alle prime armi con gli apparati di registrazione. In quell’epoca non si usava ancora il microfono ma una specie di grande imbuto che convogliava il suono su un supporto acustico per registrare.
L’assolo di Armstrong, non fu il primo assolo di jazz registrato ma, certamente, rappresentò un momento di svolta perché gettò le basi del jazz moderno ispirando fortemente gli artisti a venire, prima di tutto per la potenza, tanto che Louis dovette essere più volte allontanato dal cono registratore perché copriva il resto dell’orchestra, ma soprattutto per il suo virtuosismo, il timbro della sua cornetta ed il fraseggio assolutamente nuovo per l’epoca. Amstrong non aveva trombettisti da emulare e prese come riferimento il clarinetto, strumento estremamente più agile e che nessun trombettista di New Orleans avrebbe potuto imitare dal punto di vista melodico. Nello specifico, Amstrong si rifece fortissimamente agli arpeggi tipici dello stile clarinettistico di New Orleans e il suo assolo, immediatamente notato, divenne tanto famoso da arrivare alle orecchie di un leader dell’epoca come Fletcher Henderson che lo fece entrare nella sua orchestra. Il concerto, i cui biglietti sono in vendita direttamente al Museo (consigliata la prenotazione) o sulla piattaforma Liveticket.it, sarà preceduto – come di consueto, da un’apericena opzionale a partire dalle ore 20:00. AGIPRESS