Focus in occasione della giornata mondiale.
AGIPRESS – “Per migliorare la qualità di vita di un malato raro, servono risorse, per mantenere e implementare in modo omogeneo lo screening neonatale in tutta Italia, in un percorso, che inizia prima del concepimento e che accompagni neonato e famiglia sin dalla diagnosi della malattia. L’ampliamento del panel di screening neonatale a nuove patologie ha però anche bisogno di un aggiornamento del modello organizzativo, che comprenda competenze e professionalità specifiche”. Lo affermano la Società Italiana di Neonatologia (SIN) e UNIAMO Federazione Malattie Rare in occasione della Giornata delle Malattie Rare, che si celebra il 28 febbraio.
Una malattia si definisce rara quando la sua prevalenza, intesa come il numero di casi presenti su una data popolazione, non supera la soglia dello 0,05%, ossia 1 caso su 2.000 persone. Si stima che i malati rari in Italia siano oltre 2 milioni e di questi 1 su 5 è un bambino (fonte: uniamo.org). Le malattie rare ad oggi conosciute sono tra le 7.000 e le 8.000 e sono generalmente gravi, spesso croniche, talvolta progressive, non sempre facilmente diagnosticabili. Circa il 30% dei malati rari, infatti, non ha una diagnosi e rischia di convivere con una malattia che resterà per sempre senza nome.I bisogni dei bambini con malattie rare sono cambiati notevolmente negli anni, in rapporto a nuove e sempre più efficaci opportunità di diagnosi, cura e prevenzione. Test genetici, terapie enzimatiche, screening metabolico esteso sono realtà che vanno consolidandosi in tutto il Paese, anche se persistono ancora profonde differenze in termini di cura e prevenzione tra neonati in rapporto alla regione di nascita.
“Le indagini di Eurordis hanno permesso di quantificare in oltre quattro anni il ritardo diagnostico per le persone con malattia rara, senza mettere in conto coloro che stanno ancora aspettando un nome per la loro patologia”, dichiara Annalisa Scopinaro, Presidente UNIAMO Federazione Malattie Rare. “È necessario aumentare le patologie screenate via via che si sviluppano terapie, con procedimenti burocratici più snelli, sviluppando nel contempo un’accurata presa in carico successiva alla diagnosi”.
“Il nostro impegno come neonatologi è quello di garantire a tutti i bambini le stesse opportunità . Per un malato raro avere una diagnosi tempestiva alla nascita e quindi le cure adeguate, può fare la differenza, anche tra la vita e la morte”, sostiene il dott. Luigi Orfeo, Presidente della Società Italiana di Neonatologia (SIN). “È per questo che progetti di screening neonatale attivati a livello regionale, grazie ad alcune realtà virtuose, dovrebbero diventare più presto possibile prassi consolidata in tutto il nostro Paese, per consentire omogeneità nelle cure ad un numero di neonati sempre più ampio”.
IL PIANO NAZIONALE – Nel 1993 le malattie rare sono state dichiarate priorità di Sanità Pubblica dalla Commissione Europea e nel 2008 è stata istituita la Giornata delle Malattie Rare, che ha l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica e i decisori politici sulle malattie rare e il loro impatto sulla vita dei pazienti. In tutti questi anni molti importanti risultati sono stati raggiunti, tra questi la recente approvazione del testo finale del Piano Nazionale Malattie Rare (Pnmr) 2023-2025, che delinea gli obiettivi su diagnosi, cure, formazione e informazione, per affrontare le malattie rare e per migliorare il più possibile la qualità di vita di chi ne è affetto ed il cui iter proseguirà con il passaggio in Conferenza Stato-Regioni. Il Pnmr è un risultato importante e per darne piena attuazione occorreranno risorse economiche ed un percorso sanitario omogeneo e sempre più efficiente, con personale adeguatamente formato e centri attrezzati per diagnostica e terapie mirate, che oggi risultano ancora, purtroppo, insufficienti.
LA RICERCA sulle malattie rare, infatti, va avanti, cosଠcome le possibilità di cura, ma bisogna anche pensare ad ottimizzare le risorse e rendere unico il percorso diagnostico, a partire dallo screening neonatale, uno strumento importante per la diagnosi precoce di queste malattie. L’Italia è il primo Paese in Europa per numero di patologie inserite nello screening neonatale esteso (49), con una legge che ha permesso la costruzione della rete (279/2001) e con l’arrivo dei decreti nazionali di allargamento del panel, si potrebbe dare questa opportunità anche a bimbi affetti da ulteriori malattie. L’innovazione tecnologica da un lato e la ricerca biomedica dall’altro hanno messo a disposizione del mondo sanitario e delle istituzioni opportunità di intervento in grado di cambiare la storia naturale di molte malattie rare. Nella Giornata delle Malattie Rare, Società Italiana di Neonatologia (SIN) e UNIAMO FIMR Onlus lanciano un appello globale a tutti gli stakeholders affinché si impegnino sempre di più per migliorare le condizioni di vita delle persone e delle famiglie che si trovano ad affrontare una malattia rara, ognuno per il proprio campo di competenza.
TOSCANA – All’ospedali di Careggi di Firenze, istituzioni ed esperti hanno fatto il punto. La Toscana è tra le Regioni con il maggior numero di strutture presenti nelle reti europee di eccellenza per le malattie rare; ed investe anche in ricerca. Tra i cinquanta progetti finanziati con 50 milioni dal Pnrr, sei sono quelli toscani: cinque vedono protagonista la sanità pubblica, attraverso le aziende del servizio sanitario regionale, e il sesto un istituto come la Fondazione Stella Maris. “Questi progetti che sono stati finanziati sono la dimostrazione “ ha spiegato il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani “ di un lavoro che non nasce per caso, grande è stato anche l’impegno della Toscana sul fronte delle esenzioni per chi ha malattie rare, estendendo i Lea, i livelli essenziali di assistenza, nazionali”. Due gli elementi elementi sottolineati dall’assessore regionale al diritto alla salute Simone Bezzini: la necessità e l’importanza di costruire una connessione tra i nuovi modelli di assistenza territoriale che si stanno sviluppando e le malattie rare, “perché quei pazienti hanno bisogno non solo di cure ospedaliere ma anche una presa in carico continuativa”, e l’attenzione certamente ai temi della ricerca. “Il fatto “ annota – che quasi il trenta per cento dei casi di malattie rare inseriti nel registro toscano provenga da altre regioni dà il senso della qualità del lavoro svolto fino ad oggi”. Sulle necessità di maggiori risorse si è soffermata l’assessora regionale alle politiche sociali, Serena Spinelli. “E’ necessario “ spiega “ che il ministero apra alla possibilità di assumere oltre gli attuali tetti: anche per figure non solo sanitarie”. “Per citare una risoluzione dell’Onu non è la persona in difficoltà che deve adattarsi al nostro mondo, ma è il mondo che deve essere inclusivo. Le malattie non coinvolgono solo i singoli e le loro famiglie, ma anche le comunità . La sfida, nel nostro caso, è superare una logica di mera erogazione di prestazioni e costruire invece percorsi capaci di offrire una vita di qualità e opportunità vere di inclusione indipendentemente dalle condizioni cliniche della persona, creando anche alleanza con il mondo associativo e il terzo settore”. AGIPRESS