Il teatro della vita.
AGIPRESS – Era mattino presto quando il cellulare che tenevo sul comodino cominciò a suonare. «Buongiorno dottore, mi scusi se la disturbo a quest’ora, sono Antonio. Purtroppo mia moglie Giulia è caduta. Ho sentito un forte rumore provenire dalla sua camera da letto e mi sono immaginato cosa fosse accaduto. Come ricorderà non è la prima volta che succede. Mi ha detto la cameriera che ha trovato Giulia distesa per terra. Non riusciva ad alzarsi dal pavimento. Con grande sforzo l’abbiamo sollevata ma una volta in piedi non poteva camminare a causa del forte dolore che le prendeva quando appoggiava il piede».
Dopo averlo ascoltato gli dissi: «Chiami subito un’ambulanza e la porti qui in pronto soccorso». Giulia era una signora di novant’anni, amante della vita. L’avevo conosciuta qualche anno prima quando Antonio era stato colpito da una polmonite ed era venuto a farsi visitare nel mio studio. Ho sempre pensato che fosse una donna molto bella e simpatica da giovane e da quello che avevo capito esercitava un grande fascino sugli uomini. Si vestiva con abiti classici e aveva una quantità di scarpe di tutti i colori che abbinava ai vestiti con grande gusto. Giovane e senza alcun pensiero, viveva a Montecarlo. Aveva incontrato Antonio e se ne era innamorata, e Antonio di lei, per la sua intelligenza, entusiasmo e per il suo carattere insolitamente, per una donna della sua età , sincero.
Una volta Antonio in vena di confidenze mi disse: «Era bellissima, aveva una eleganza naturale e io la sentivo irraggiungibile». Dal loro matrimonio erano nati due figli. Il maschio lo avevano chiamato Giorgio e una femmina, Laura. Purtroppo Giorgio, molto giovane, morଠin una tremendo incidente d’auto mentre tornava a casa. Da allora Giulia era caduta in una forte depressione che lentamente con gli anni si era trasformata in una vera e propria demenza. La morte del figlio le dava una insopportabile sconfitta personale. Col passare del tempo cominciarono i discorsi senza senso di Giulia intervallati dalla frase “Non ricordo”. Antonio era disperato per questa situazione ma continuava a chiamarla sempre “amore” prima di tentare una conversazione con lei. Sapeva bene che non sarebbe mai più avvenuta. Antonio era un gentiluomo molto ricco e da quando aveva sposato Giulia pensava solo a farla felice. Mi raccontò che avevano girato il mondo insieme. Viveva per lei. Quando Giulia arrivò in pronto soccorso accompagnata dalla figlia Laura confuse l’ambiente con un grande albergo. Mi avvicinai a lei per salutarla e le accarezzai il viso. Stranamente mi riconobbe e mi disse: «Questo deve essere un buon posto. C’è tanta gente, molti anziani». Solo dopo qualche ora capii che mi aveva confuso con un maggiordomo. Accanto a lei, distesa su un lettino, c’era Antonio che mi raccontò l’episodio della caduta. Mentre parlavamo ci interruppe Giulia che rivolta verso di lui disse: «Questo signore mi ha dato una spinta che mi ha fatto cadere per terra. E ora basta, basta, rivoglio la mia vita».
Antonio sbiancò: «Sono tuo marito, amore. Sei caduta in camera, quante volte ti ho detto di chiamare la cameriera per andare in bagno». Giulia lo guardò con sospetto. Antonio continuò rivolgendosi a me: «Si alza all’improvviso sorprendendo il personale. Non so davvero cosa fare, come comportarmi». Dopo averlo ascoltato, visitai Giulia che mostrava un vivace dolore a livello dell’inguine destro. La informai che dovevamo fare delle radiografie per capire se nella caduta si fosse fatta male davvero. Mentre aspettavano il risultato delle indagini strumentali Antonio mi disse che la memoria di Giulia, come anche lo stato di agitazione, peggiorava giorno dopo giorno. Lui soffriva molto nel vederla in quelle condizioni. «Sono vecchio e stanco e pieno di acciacchi ma non posso morire ora» disse «perché Giulia ha bisogno di me. La morte di un figlio può cambiare la vita. Rimangono solo i ricordi delle cose belle fatte insieme e delle persone amate; anche quelle sgradevoli acquistano nel tempo un comportamento innocente». Il nostro colloquio finଠquando arrivarono i risultati degli accertamenti strumentali: frattura del bacino e di una vertebra lombare. Dissi ad Antonio che l’unica terapia in questi casi era quella di tenere Giulia distesa a letto per almeno due settimane al fine di evitare il peggioramento della situazione clinica e soprattutto l’insorgenza del dolore. Mi allontanai da loro per un po’ di tempo. Quando tornai li vidi abbracciati. Mentre piangevano si rivolgevano parole dolci e affettuose. Mi commossi alla vista di quei due vecchi cosଠstretti l’uno all’altro. Non li disturbai. Avevo capito che quelle parole, quei gesti, esprimevano il senso di una lunga vita insieme piena di amore ma anche di grande sofferenza. AGIPRESS
di Stefano Grifoni direttore Pronto Soccorso Careggi