AGIPRESS – Frammenti minuscoli, a tratti invisibili ma decisamente letali, sono le microplastiche che tornano alla ribalta della ricerca scientifica e si confermano uno dei nemici più temibili per il presente, ma soprattutto il futuro dell’umanità . Si insinuano ovunque, anche dove non potremmo mai immaginare. Sono state scoperte nel sangue, negli alimenti, nell’urina, nel mare, insomma niente più è rimasto inalterato da questi killer silenziosi. Una recente scoperta sostiene come la contaminazione sia avvenuta anche su una specie particolare di alga molto diffusa nell’Artico, che cresce sotto il ghiaccio marino. I livelli sono molto alti, addirittura dieci volte superiori in confronto a quelle ritrovate nelle acque circostanti.
Il primo anello della catena alimentare. Il problema è particolarmente rilevante perché queste alghe, chiamate Melosira artica, sono alla base della catena alimentare e mettono dunque a rischio tutte le creature che dipendono da questo organismo, direttamente o indirettamente. La scoperta arriva da uno studio “High levels of microplastics in the Arctic ice alga Melosira arctica, a vector to ice-associated and benthic food webs”, pubblicato su Environmental Science and Technology da Melanie Bergmann, Thomas Krumpen (Alfred-Wegener-Institut, Helmholtz-Zentrum fà¼r Polar- und Meeresforschung “ AWI), Steve Allen (Ocean Frontiers Institute Dalhousie University “ OFI), e Deonie Allen (University of Birmingham, UK e università di Canterbury “ Christchurch).
L’alga Melosira arctica cresce sotto il ghiaccio marino in primavera e in estate, costruendo lunghe catene di cellule con una consistenza viscida e appiccicosa che raccolgono microplastica dalla deposizione atmosferica sul mare, dall’acqua di mare stessa, dal ghiaccio limitrofo e da qualsiasi altra fonte che passa. Una volta imprigionate nella melma algale viaggiano velocemente fino al fondo del mare, portandosi dietro polietilene, poliestere, polipropilene, nylon, acrilico e molti altri, creando un mix di sostanze il cui impatto sull’ambiente e sulle creature viventi non è facilmente valutabile. Nel corso di una spedizione con la nave da ricerca Polarstern avvenuta nell’estate del 2021, il gruppo di ricerca ha raccolto campioni di Melosira e dell’acqua circostante le banchise di ghiaccio che sono poi stati analizzati per determinarne il contenuto di microplastica. Il risultato è stato davvero sorprendente: “I grumi di alghe contenevano in media 31.000 ± 19.000 particelle di microplastica per metro cubo, circa 10 volte la concentrazione dell’acqua circostante”, affermano gli scienziati.
Una minaccia per tutti. Queste alghe sono fonte di cibo anche sulla superficie del mare, ecco spiegato perché le microplastiche sono inoltre, particolarmente diffuse tra gli organismi di zooplancton associati al ghiaccio, come espone uno studio precedente con la partecipazione di AWI. In questo modo possono immettersi anche qui nella catena alimentare, quando lo zooplancton viene mangiato da pesci come il merluzzo polare e questi vengono mangiati da uccelli marini e foche e questi a loro volta dagli orsi polari. La Bergman rammenta che: “Le persone nell’Artico dipendono in modo particolare dalla rete alimentare marina per il loro approvvigionamento di proteine, ad esempio attraverso la caccia o la pesca. Questo significa che sono anche esposti alle microplastiche e alle sostanze chimiche. Le microplastiche sono già state rilevate nell’intestino umano, nel sangue, nelle vene, nei polmoni, nella placenta e nel latte materno e possono causare reazioni infiammatorie, ma finora le conseguenze complessive sono state poco studiate”.
“Le micro e nano plastiche sono state praticamente rilevate in ogni luogo in cui gli scienziati hanno guardato nel corpo umano e all’interno di una pletora di altre specie. È noto che modificano i comportamenti, la crescita, la fecondità e i tassi di mortalità negli organismi e molte sostanze chimiche plastiche sono note tossine per l’uomo”, aggiungono inoltre, gli scienziati. Il problema è certamente da affrontare con urgenza, poiché l’ecosistema artico è già minacciato dai profondi sconvolgimenti ambientali originati dalla crisi climatica, rischia cosଠdi indebolirsi ulteriormente. L’unica soluzione per diminuire l’inquinamento da plastica, comprovata anche dai calcoli scientifici, resta certamente la limitazione della produzione di nuovo materiale. AGIPRESS
di Francesca Danila Toscano