DIRETTORE RESPONSABILE FRANCESCO CARRASSI

7 Agosto 2023

Le lontane origini della crisi climatica, dal Mesolitico


AGIPRESS – Nella lunga storia del nostro pianeta anche in passato ci sono stati cambiamenti climatici, ma a differenza di oggi, sappiamo che erano dovuti a fattori non determinati dall’attività umana. Economia, storia, letteratura, tecnologia ormai ci dimostrano che quando il clima impazzisce le ripercussioni sono molteplici e trasversali. Intere civiltà rischiano il collasso, cambiano le mentalità e gli stili di vita.

Crisi climatica. Per questo oggi gli storici e gli archeologi sono sempre più attenti alle tracce dei cambiamenti climatici avvenuti nel passato, proprio perché sono causa e motore di sconvolgimenti epocali. E’ grazie a questi studi, che nell’estate più rovente della storia, l’area semi-desertica di Los Monegros, in Spagna, ci restituisce una straordinaria vicenda di adattamento e sopravvivenza ai cambiamenti climatici avvenuti attorno al 6200 a.c. Focolari interrati, capanne, cambio di alimentazione sono i resti di un accampamento di cacciatori- raccoglitori- pescatori nomadi europei, messi a dura prova da un brusco raffreddamento.

A portare alla luce il sito è stata un’equipe di archeologi toscani dell’Università di Pisa, impegnati nel progetto “MesoHistories” diretto da Niccolò Mazzucco, professore dell’Ateneo pisano, e da Javier Rey Lanaspa, archeologo del governo di Aragona. “Si tratta del sito più antico del territorio di Los Monegros, un accampamento all’aperto del mesolitico “ racconta il professor Mazzucco_ I resti ritrovati ci aiuteranno a comprendere come questi esseri umani abbiano cercato di adattarsi alla nuova condizione ambientale determinata da quello che viene indicato evento 8.2 ka, ossia il brusco raffreddamento di 1-3 °C che circa 8.200 anni fa interessò gran parte dell’emisfero settentrionale e durò circa 160 anni”.

Le prime analisi. Le prime analisi in corso sui reperti indicano già come il luogo dello scavo , in quel periodo preistorico, fosse estremamente diverso da quello attuale. Allora doveva essere un’area semi-aperta , dominata da specie come cipressi e ginepri, e sembra che fosse presente anche una palude. Sulle sue rive il gruppo di uomini aveva costruito il proprio accampamento, per poter cacciare mammiferi e uccelli, come testimoniano alcuni resti di ossa trovati durante lo scavo, che attesterebbero un radicale cambiamento di dieta. E si perché la caccia agli uccelli non era molto frequente in un periodo, in cui prevaleva invece sui grandi ungulati, quali il cervo, il cinghiale o le capre selvatiche, quindi il riaffiorare di abbondanza di ossa uccelli e piccolo mammiferi, fa pensare che il gruppo di cacciatori-raccoglitori-pescatori, abbia sperimentato un adattamento alimentare alle più rigide condizioni climatiche.

L’estendersi di specie animali cacciate lascia pensare ad un cambiamento della mobilità e dell’economia di questi nostri “antenati”. “Saranno ora le analisi di laboratorio a stabilire la vera composizione delle specie cacciate, PBM è un sito che potrà offrire nuovi spunti per interpretare quest’ultima fase di vita di questi uomini europei, all’alba della rivoluzione Neolitica, che pochi secoli dopo il 6200 a.c porterà nuovi stravolgimenti con l’arrivo di specie domestiche e l’inizio dell’agricoltura” conclude Mazzucco. Questa campagna di scavi, la terza per la precisione, ha visto anche la partecipazione di studenti dell’Università di Pisa e di Saragozza. La ricerca sul campo è durata tre settimane, durante le quali si sono concluse le operazioni di scavo, e definite l’estensione dell’occupazione e le attività svolte, e anche la raccolta di nuovi campioni per le analisi cronologiche e ambientali.

di Cristina Nati – Stradenuove

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