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29 Marzo 2025

L’AMERICA DI TRUMP E I TIMORI DEL MONDO

Il commento di Marcello Mancini

La domanda che più di frequente capita di sentirsi rivolgere, è su che cosa succederà nel mondo nei prossimi mesi e nei prossimi anni. Una situazione internazionale fragile, nella quale gli Stati Uniti non sono più il punto di riferimento che consentiva ai Paesi occidentali, Italia in primo luogo, di dormire sonni tranquilli, con le spalle coperte, a prescindere dai cambianti geopolitici e da qualsiasi fuga in avanti di capricciose potenze straniere. Il presidente americano Donald Trump sta mantenendo le più minacciose promesse che aveva fatto in campagna elettorale, ma sulle quali lo stesso popolo americano ora ha dei seri dubbi, che provocano serie preoccupazioni. Tanto è vero che il sostegno del quale Trump gode nel suo Paese è oggi uno fra i più bassi della storia. Anzi, è talmente basso che sfiora il minimo raggiunto solo durante la sua prima presidenza. Non so se la caduta a precipizio si fermerà e, ovviamente, è difficile prevedere anche quali saranno le conseguenze sul piano mondiale: con la Russia nel ruolo inedito di sommesso “alleato” americano, e la Cina che aspetta gli eventi da una posizione privilegiata e pericolosa per tutti.

Non siamo certo qui a rimpiangere i tempi della <guerra fredda>, ma l’isolamento che si stanno ritagliando gli Usa non promette niente di buono. In primo luogo perché l’Europa, oltre agli impegni che per ora si fermano alle parole, non ha niente di concreto su cui costruire una difesa continentale e farfuglia di un <riarmo> poco chiaro a tutti.

Trump ha completamente rivoltato l’immagine a cui eravamo abituati, di un presidente comprensivo e pronto a intervenire in difesa dei Paesi dell’Alleanza atlantica. The Donald continua a marciare deciso sulla linea annunciata in campagna elettorale (<Prima l’America e gli americani, gli altri si arrangino>) e manda avanti il suo vice Vance, che a differenza dei suoi innocui predecessori è ritenuto più duro e perfino più <cattivo> del titolare.

Resta da vedere che cosa succederà alle elezioni di metà mandato, il midterm, che si tengono due anni dopo le presidenziali e che rappresentano un giudizio sull’operato del nuovo presidente. Se il quadro politico interno dovesse cambiare a sfavore dei repubblicani (verranno rinnovati tutti i seggi della Camera e un terzo di quelli del Senato), anche Trump sarebbe costretto a correggere la rotta e magari a limitare la sua irruenza, che dopo il trionfo di gennaio è diventata una marcia inarrestabile. E devastante.

 

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