Il commento di Marcello Mancini
Se la violenza chiama violenza, c’è da aver paura delle conseguenze alla quali può portare l’escalation che finora ha nella sua punta dell’iceberg l’attentato negli Usa a Donald Trump. Le guerre, diventate una tragica abitudine, i toni di un dibattito globale che sembra uno scontro finale, hanno superato ogni limite. L’eco dei proiettili esploso in Pennsylvania è arrivato fino a noi, e condizionerà, magari inasprirà, le contrapposizioni già abbondantemente esasperate. Anche se gli effetti più immediati si verificheranno negli Usa, dove il risultato delle elezioni di novembre sembra ormai segnato. E dove anche gli esiti del dibattito sulla sostituzione o meno di Joe Biden sono superati. Perché è difficile, a questo punto, che qualcuno fra i dem abbia voglia di sacrificarsi sul fronte di una (quasi) certa sconfitta contro Trump. I democratici preferiranno mandare allo sbaraglio il presidente in carica, piuttosto che logorarsi in una battaglia per una candidatura alternativa, praticamente perdente, come sembrava quasi certo fino a poche ore prima dell’attentato. Leggi tutto…