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12 Giugno 2023

IL DESTINO IMPREVEDIBILE DI FORZA ITALIA

Reso omaggio al Cavaliere, si pone il tema della successione. Il commento Marcello Mancini.

AGIPRESS – Mai come in questo caso, nel caso di Silvio Berlusconi, solo la storia potrà incaricarsi di dare un giudizio sull’uomo politico e sulla stagione che l’ha visto protagonista. Trent’anni nei quali l’Italia non ha potuto prescindere, nel bene e nel male, come alleato o avversario, dalla presenza sulla scena del Cavaliere. Nessuno si è saputo sottrarre al suo potere magnetico, alla sua forza mediatica, imprevista e imprevedibile. Sebbene da qualche anno fosse un po’ ai margini – complice il lento dissolvimento di un movimento che non è riuscito a trasformarsi in partito, e soprattutto a causa della sua grave malattia – fino all’altro ieri il Paese non avrebbe potuto prefigurare qualsiasi prospettiva politica senza fare i conti su quell’ormai esigua rappresentanza che faceva capo a Berlusconi. Ora ci toccherà assistere alla manipolazione della sua memoria, inevitabile esercizio che lo esporrà di certo anche a un ingiusto scempio. Ci saranno gli avvoltoi che si accrediteranno come suoi eredi, ci saranno coloro che pretenderanno di giudicarlo, contaminati dalla cronaca che non ha mai smesso di considerarlo al centro di tutto. Ci sarà chi continuerà a offenderlo anche da morto, perché l’odio che gli è stato riversato addosso in questi trent’anni è pari solo all’amore, nel pieno senso della parola, di cui è stato circondato dai suoi sostenitori.

E sarà triste vedere che a giudicarlo, magari più sguaiatamente di altri, saranno tante persone che senza di lui non sarebbero diventati consiglieri nemmeno della bocciofila di quartiere. Il giudizio politico oggi non si può dare. Oltre che prematuro, sarebbe impossibile. Si può però ricostruirne la storia. O la narrazione, come si dice. Ed eccola qua. Superata la stagione dei partiti politici che avevano fondato la Repubblica, travolti da Tangentopoli, a cavallo fra il 1993 e il 1994, Berlusconi ebbe un’intuizione. Trovò il guizzo di giocare d’anticipo e creare Forza Italia, piazzandola al centro della cosiddetta Seconda Repubblica, laddove prima di Mani pulite c’erano soprattutto la Dc e il Psi. Una grande anomalia. Un partito-azienda, si disse, che tuttavia – questo si può sostenerlo, senza aspettare la Storia – è stato sempre molto azienda e mai compiutamente partito. Ed è ancora difficile, dopo trent’anni, catalogare il <Berlusconismo> come fenomeno politico. Sono più propenso a pensare che non lo sia stato. E se anche dalla Forza Italia berlusconiana dovesse nascere un partito, senza Berlusconi sarebbe un’altra cosa rispetto a quella a cui siamo stati abituati con il Cavaliere in vita. E forse sarebbe il modo per garantire la sopravvivenza di questa creatura politica che ha monopolizzato l’ultima parte del secolo scorso.

Nell’universo moderato, Forza Italia ha avuto il merito di coprire uno spazio importante per oltre due decenni, forte anche del potere mediatico che derivava dall’impero televisivo che Berlusconi aveva costruito con l’appoggio decisivo dei socialisti di Craxi e l’avversione della sinistra Dc, che infatti si dimise dal governo per le concessioni tv alla Fininvest. Vale la pena ricordare che tra i ministri dimissionari, c’era Sergio Mattarella. L’intelligenza politica di Berlusconi fu anche quella di capire l’errore iniziale di isolarsi, immediatamente successivo al sorprendente trionfo alle elezioni del 1994. Dopo l’avviso di garanzia ricevuto mentre a capo del suo primo governo presiedeva il vertice del G20 a Napoli, si rese conto di tutta la sua debolezza in campo internazionale e favorଠl’ingresso di Forza Italia nel Partito popolare europeo, con il consenso dei piccoli partiti nati dalla diaspora della Dc. Trent’anni di storia, spesso controversa. Come i tentativi, veri o presunti, di cercare un erede, che tuttavia, finché Berlusconi era nel pieno del suo vigore, sarebbe stato impossibile trovare. Ci provò prima Pier Ferdinando Casini, che viste le difficoltà di risolvere la successione in tempi ragionevolmente brevi, si mise in proprio con l’Udc, pur rimanendo leale al Cavaliere. Più turbolento il rapporto con Gianfranco Fini che, più impaziente, strappò l’alleanza sedotto anche dalle sirene della sinistra, con conseguenza per lui devastanti. Infine fallito il tentativo di crearsi un delfino più docile in casa con Angelino Alfano.

In realtà un pupillo vero e proprio, Silvio Berlusconi lo aveva individuato in Matteo Renzi, allora scalpitante presidente della Provincia di Firenze, poi sindaco ma già sulla rampa di lancio per ambizioni planetarie. Ma allora il matrimonio sarebbe stato eccessivamente complicato e le distanze fra i due difficilmente colmabili. Il rapporto fra Berlusconi e Renzi resta ancora tutto da raccontare ma, alla luce dei fatti, sarebbe stato impossibile conciliare il carattere di uomini nati per comandare e dove uno dei due sarebbe stato comunque di troppo. Hanno tentato in tutti modi di mettere i bastoni fra le ruote al Cavaliere, per via giudiziaria prima di tutto (a cominciare dal conflitto d’interessi che nessuno, nemmeno la sinistra per anni al governo, ha saputo risolvere) e per altre strade che non hanno a che fare con la politica. Bisogna riconoscere che Berlusconi ha fatto poco per evitare di rimanere imbrigliato in giochi più o meno legittimi. Spesso circondandosi di presenze o amici piuttosto ingombranti, come il cofondatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa.

Resta vivo il tema del destino di Forza Italia. Ci sarà una transizione ereditaria o un radicale rinnovamento? Se il testimone venisse raccolto dalla figlia Marina, da tutti considerata la più idonea nell’ambito familiare, politicamente il cammino della formazione fondata nel 1994 non affronterebbe quella svolta che con il Cavaliere era diventata ormai impossibile, ma necessaria, e che ora potrebbe invece realizzarsi. A patto però che la formazione assuma i connotati di un vero soggetto politico, con alla guida un leader dal Dna politico. Che potrebbe essere Antonio Tajani. Ma potrebbe essere finalmente anche un personaggio insospettabile, proprio quel Matteo Renzi che tanto piaceva al Cavaliere e che oggi avrebbe le carte da giocare per prendersi il tesoretto azzurro. Si verrebbero cosଠa fondere i desideri inconfessabili di due protagonisti della storia d’Italia e si esaudirebbe il sogno dell’uomo che ha segnato due secoli e che oggi tutti ricordano. AGIPRESS

di Marcello Mancini

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