DIRETTORE RESPONSABILE FRANCESCO CARRASSI

27 Febbraio 2023

Il caso Firenze, la scuola insegna ancora il dialogo?

Il commento di MARCELLO MANCINI.

AGIPRESS – Era inevitabile che prima o poi accadesse, e speriamo finisca qui. Il ritorno della violenza politica, senza entrare nel merito di che cosa sia successo e di chi abbia provocato chi (ci sono versioni contrastanti, perciò ci rimettiamo alle indagini in corso) è un segnale pericoloso: quello che bisogna denunciare e condannare con forza è il ricorso all’aggressione, alla provocazione e allo scontro fisico. La violenza non ha colore, o meglio ce li ha tutti, quindi va fermata preventivamente. Gli episodi inquietanti che si sono verificati a Firenze davanti a due scuole segnano il ritorno al passato, inteso come contrapposizione ideologica e assenza di dialogo: tutto il contrario di ciò che dovrebbe essere la buona politica, smarrita da tempo ma non certo rimpianta in queste forme.

La scuola è la fabbrica del pensiero, dove si formano gli italiani di domani e dove bisogna far capire che il pensiero unico non esiste ed è comunque sbagliato. La politica è abituare al confronto soprattutto su idee diverse. Politica è mediazione, non militanza o, peggio ancora, tifoseria. E invece molta parte della cultura del nostro Paese, che sta alla base della costruzione di una futura classe dirigente, è fatta di ideologia che spesso ci contrappone in un muro contro muro, dal quale deve uscire per forza un vincitore, qualunque esso sia. Purché uno dei contendenti prevalga, val bene ogni strumento: si comincia con alzare la voce, si finisce con la rissa, meglio che vada. La sintesi non è prevista. Il compromesso è considerato una forma di debolezza.

Non voglio richiamare la solita, ben nota definizione della politica, che ne fece don Lorenzo Milani, che viene sempre citato ma quasi mai ascoltato veramente: <Il problema degli altri è uguale al mio: sortirne tutti insieme è la politica>. Questo diceva don Milani, e questo quasi mai oggi succede. Perciò la scuola è importante come luogo di formazione – non solo di studio – dove si insegna il pluralismo e il significato vero del termine <politica>. Purtroppo non è una bella lezione quella che oggi la classe dirigente mostra ai giovani. L’assalto indiscriminato al potere e chi non vince è un fallito. Dire che la politica va intesa come servizio alla comunità è un’affermazione fuori dal mondo attuale, parole senza seguito. Tutti i partiti, da sinistra a destra, oggi intendono la politica come occupazione di poltrone. La stessa campagna elettorale è una pianificazione, non di soluzione ai problemi ma di spartizione di posti: su questo i cittadini sono chiamati a esprimersi nell’urna. Tu voti quelli ai quali vuoi consegnare il potere, che poi lo useranno a proprio beneficio, difficilmente a beneficio della comunità .

Ecco perché è la scuola il luogo nel quale si devono conoscere le idee diverse e più diverse sono meglio è, perché i giovani si abituino a conoscerle e a giudicarle secondo la propria cultura. Guai a non dialogare . La sopravvivenza e la crescita della nostra società risiedono nelle parole. Da qui passa il rinnovamento della classe dirigente. Piero Calamandrei, che della nostra Costituzione fu uno dei padri, considerava la scuola un <organo costituzionale>. E’ evidente il danno che è stato creato togliendo per anni dalle materie di insegnamento, l’Educazione civica. Un’intera generazione ne è stata privata e oggi si vedono i risultati. Meno male che dal 2020 l’Educazione civica è tornata sui banchi. Deve essere una guida alla conoscenza dello Stato italiano e alla formazione dei suoi cittadini. Perché diventino classe dirigente matura di un Paese modello, che unisca anche nelle diversità e non divida fino alla violenza. AGIPRESS

di MARCELLO MANCINI

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