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23 Gennaio 2024

Gigi Riva, un Eroe romantico

Il commento di Massimo Sandrelli.

AGIPRESS – Gianni Brera lo battezzò “Rombo di Tuono” perché a suo direi mentre Gigirriva colpiva con il sinistro proibito, lui avvertଠun tuono. Fatto e’ che da quel momento il campione lombardo entrò nella leggenda. Era un ragazzo cresciuto in una casa famiglia, con paure e insicurezze infantili delle quali ha sempre portato segni dentro di sè. Taciturno, perfino ombroso, aveva scelto il calcio come il suo futuro. Ed il futuro lo scelse per spedirlo in una terra tanto ombrosa e taciturna come lui. Andrea Arrica e l’allenatore Silvestri lo videro e fecero carte false per averlo. La società non aveva tanti soldi ma era garantita da una Grande (l’Inter) che le faceva da madrina. Per 37 milioni e non senza qualche scetticismo attraverso’ il mare. Nello splendido racconto di Riccardi Milani se ne possono gustare i tratti nascenti di quell’amore sempiterno. Fumava come un turco, con quel suo fisico statuario, con uno sguardo da condottiero, costruଠil suo personaggio ma soprattutto interpretò’ l’orgoglio di quella gente, ne divenne il profeta del riscatto. Cagliari e la Sardegna divennero la sua Patria e Cagliari la sua gente i più fedeli custodi della sua privatezza. Si dice che viaggiasse in auto senza neppure esibire il bollo. Certo, chi si poteva permettere di fermare Gigi? E lui, man, mano si rannicchiò in quella terra che l’aveva adottato. Juve, Milan e in qualche modo l’Inter avrebbero fatto carte false per portarselo a casa. Lui, imperterrito, con quello sguardo da Dio Greco, non volle saperne: “rinunciai ad un miliardo – ha ammesso qualche tempo fa – ma il miraggio di vincere la’ dove non era capitato a nessuno, lo esaltava. E dopo un primo tentativo andato a vuoto (1969) addentò lo scudetto l’anno dopo. Nel frattempo era diventato un’icona anche della nazionale. Negli europei del’68 aiutò a vincere il titolo europeo, nei mondiali del 1970 in Messico condusse l’Italia ad un passo dal sogno mondiale. Vuoi per l’altitudine, vuoi per la tensione passava le sue notti insonni, fumando, in compagnia del povero dottor Fini che costringeva a a condividere tutta la sua ansia, Purtroppo in finale c’era il Mitico Brasile dell’ultimo Pelè e il sogno finଠdopo quaranticinque minuti. Era un eroe romantico. Soffrଠdue gravi incidenti che sopportò con una umanissima rassegnazione. Sapeva che comunque sarebbe tornato. Il Destino era la sua forza. E la Sardegna ne riconobbe l’intera autorità . Ci fosse stato un referendum ad hoc, sarebbe diventato Re per acclamazione. E Re lo è sempre stato. Un collega sardo ha raccontato che tutti erano vittime del suo fascino, tutti, proprio tutti, compreso il bandito Salvatore Mesina. Latitante, puntualmente di domenica trovava il modo per presentarsi allo stadio. Attraverso quel collega faceva arrivare a Gigi, un messaggio con cui gli indicava il suo posto allo stadio. Riva, all’ingresso in campo puntava la zona indicata come per rendere un rispettoso segno di omaggio. Era un conducator, era un generale, era il pilota di una squadra nata per miracolo e forse per qualcosa di più. Poi diventò dirigente accompagnatore della nazionale. Ma era sempre Gigi Riva. Dopo la vittoria del mondiale del 2006, vide salire troppa gente festante sul “carro dei vincitori” e allora lui scese, quasi scandalizzato. Lui era un Re, e ai monarchi è concesso il lusso di non scendere mai a patti con nessuno. Se ne è andato in silenzio come solo i grandi amano fare, come i capi indiani che si avvolgono in una coperta e si lasciano morire su una vetta. Lui l’ha fatto in fretta, magari concedendosi un˜ultima sigaretta.

dal Kenya Massimo Sandrelli

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