Il commento del prof. Avv. Ranieri Razzante.
AGIPRESS – 16.000 tonnellate di emissioni di carbonio per 200.000 raccolte di Nft, certificati virtuali di proprietà di oggetti d’arte. Se fosse vero (i dati sono stati pubblicati dal Messaggero, come ripresi da una ricerca di DappGambl), farebbe piacere chiedere agli “ecodimostranti” (terroristi è forse troppo) cosa ne pensano. I non fungible token sono certificati virtuali che rendono proprietari di interi o porzioni di oggetti (non materializzabili) circa 23 milioni di cittadini al mondo. Al posto di avere un Picasso, per vari motivi inaccessibile ai più, ne acquisto una “porzione”, che poi spero di rivendere a fini speculativi (dato che, ovviamente, non potrò mai goderne la bellezza, se non in immagine digitale). Fermo restando che i mercati (regolamentati) sono sovrani ed espressioni massime di democrazia, essi non sono immuni da “fallimenti”. Tecnici e normativi. Ad esempio, un mercato obbligazionario può avere fallimenti tecnici, ma giuridicamente si sa chi ne risponde e chi lo gestisce: i rimedi opportuni sono disponibili, fermo restando che possano risultare vani. Gli Nft (non fungible token) non sono ancora regolamentati (una direttiva UE, la c.d. Mica, è in via di faticoso recepimento, e pare non contenga regole utili fino in fondo). Sono esplosi nel 2021, quando uno di essi valeva milioni di dollari. Oggi, sempre secondo le stesse fonti- purtroppo da confermarsi – varrebbe mediamente 100 dollari. Cosa possono fare i detentori di Nft? Nulla, se non hanno venduto prima dei vari down che il mercato sta generando. In ogni caso, molti di noi hanno sempre avvertito circa la particolare rischiosità di questi strumenti, ma meglio hanno fatto le Autorità finanziarie UE e italiane. Senza dire dei rischi – già abbondantemente verificatisi – di furti e malware sulle piattaforme di negoziazione di questi token. Non si tratta di avversione tecnologica, ne’ di resistenza al cambiamento. Ma di buon senso. Non tutto ciò che è regolamentato riesce bene, ma si rischia di più a non porre limiti alla finanza speculativa. Auspicabili passi in avanti bisognerà fare, checché se ne dica, sia per i “metaversi” (ove si tratta solo l’immaterialita’) che per i cryptoasset e le criptovalute. Non siamo pronti e non vengono ad oggi propugnate teorie e soluzioni che sembrino convincenti. L’Europa appare in ritardo anche su questo versante. AGIPRESS
Prof. Avv. Ranieri Razzante, Docente di Tecniche di gestione dei rischi di riciclaggio – Università di Bologna, Docente di Tecniche e regole della cybersecurity – Universita’ Suor Orsola Benincasa.