Lo dimostra la survey del Gruppo di Studio sul COVID-19 della Società Italiana di Neurologia per le demenze (SINdem).
AGIPRESS – PADOVA – Il lockdown, nel picco della pandemia di COVID-19, ha fatto “esplodere” un’altra emergenza, oltre a quella infettivologica: riguarda l‘incremento di sintomi neuropsichiatrici nelle persone con demenza e le loro famiglie. Oltre il 60% di chi soffre di demenza ha presentato un aumento dei disturbi del comportamento, mentre più del 65% dei familiari si è scoperto più vulnerabile e affetto da sintomi evidenti di stress. «Lo dimostra la survey del Gruppo di Studio sul COVID-19 della Società Italiana di Neurologia per le demenze (SINdem), condotta su 4.913 familiari e con il coinvolgimento di 87 Centri specializzati in tutta Italia» spiega Annachiara Cagnin, professore associato della Clinica Neurologica dell’Azienda Ospedale/Università di Padova, che ha lavorato con gli altri specialisti del Gruppo di Studio COVID-19 insieme alla presidente Amalia Bruni consulente dell’Istituto Superiore di Sanità .
LA RICERCA appena pubblicata nella rivista «Frontiers in Psychiatry» a primo nome della Prof. Cagnin, ha guadagnato in pochi giorni l’attenzione degli esperti in questo cruciale settore della medicina. «Lavorando sul campo si percepiva questo peggioramento ma una prevalenza cosଠalta di scompenso comportamentale ci ha fatto riflettere sulle conseguenze indirette di questa pandemia». Questa analisi dei dati ha riguardato una parte della ricerca del gruppo di studio SINdem che ha valutato anche le conseguenze acute del lockdown sul peggioramento cognitivo e nelle performance fisiche e gli effetti a medio termine con una seconda survey somministrata a luglio e di cui ci saranno a breve i risultati.
«Gli effetti dell’isolamento indotto dal lockdown, con i cambiamenti della routine quotidiana e la riduzione di stimoli emotivi, sociali e fisici, hanno rappresentato un detonatore per l’incremento rapido di disturbi neuropsichiatrici tra le persone più a rischio quali gli anziani con deterioramento cognitivo. I dati emersi vanno ora considerati in funzione della riorganizzazione dei servizi assistenziali per le patologie neurodegenerative che dovrà tenere in conto la necessità di monitoraggio e supporto a distanza in modo continuativo e flessibile in base allo scenario epidemiologico futuro» evidenzia la prof. Cagnin.
Agipress