Aveva 97 anni il caporale dei cacciatori di montagna tedeschi Alfred Stork accusato di aver partecipato alla fucilazione sull’sola di almeno 117 ufficiali italiani.
(AGIPRESS) – Non c’è stata giustizia e non ci sarà nei tribunali per i militari italiani della Divisione Acqui trucidati a Cefalonia nel settembre 1943. L’ennesima conferma, molto probabilmente l’ultima, arriva dalla notizia della morte a 97 anni di età del caporale dei cacciatori di montagna tedeschi Alfred Stork, accusato di aver partecipato alla fucilazione sull’sola di almeno 117 ufficiali italiani e condannato all’ergastolo nell’unico processo che si è svolto in Italia su quella terribile vicenda. Il processo fu istruito e condotto come pubblica accusa dall’allora procuratore militare Marco De Paolis, ed è stato lui stesso, oggi procuratore generale, a confermare la notizia della morte di Stork. In un capitolo del libro “L’ultima battaglia della Divisione Acqui” a cura dei giornalisti Luigi Caroppo e Pierandrea Vanni, edito da Edizioni Medicea Firenze, il procuratore De Paolis ricostruisce le stragi di Cefalonia che fecero seguito alla decisione del comando della Acqui di arrendersi dopo aver combattuto con coraggio contro le preponderanti forze tedesche alle quali i nostri militari avevano rifiutato di consegnarsi all’indomani dell’8 settembre. Nel riconoscere lo sconcertante fallimento della giustizia sul caso di Cefalonia, il dottor De Paolis sottolinea due aspetti che restano intatti nel loro valore anche con la morte dell’ex caporale Stork: “Attraverso una sentenza, benché tardivamente emessa, come in questo caso, è possibile attribuire la riconducibilità del crimine e la relativa responsabilità non a soggetti vaghi e indeterminati, ma persone fisiche che hanno nome e cognome, ciò è assolutamente importante”. Dunque almeno uno dei componenti i plotoni di esecuzione di Cefalonia, ha un nome, un cognome e una condanna, anche se non ha scontato un solo giorno di carcere ed è deceduto. “Con la morte di Alfred Stork, affermano Luigi Caroppo e Pierandrea Vanni, non va di certo in prescrizione la drammatica vicenda della Acqui a Cefalonia, che ancora non ha trovato i riconoscimenti di una memoria condivisa e non vanno certo in prescrizione la memoria, il dolore, il lutto per quella pagina di coraggio e di onore”. Il dolore non va mai in prescrizione, nonostante gli anni. AGIPRESS