AGIPRESS – L’asfalto che si veste da erba. Il pallone che prova a scivolare sul cemento in un perimetro disegnato dalle case e da qualche albero qua e là . Il campo in una piazza della città che, agli occhi dei bambini, impegnati in una partitella, può sembrare anche il “Santiago Bernabeu”. I loro sorrisi, l’esultanza dopo il gol e le loro corse hanno catturato l’attenzione di chi passava di là¬. Tanto da unirsi a loro e partecipare alla sfida, scendendo in campo, in quel fazzoletto di cemento. E’ successo a Firenze, in piazza Tasso quando il capocannoniere viola, Arthur Cabral, si è aggregato, regalando palleggi e dribbling e poi mettendosi in porta. Incredulità , meraviglia, e gioia nel vedere il numero 9 della Fiorentina che si è fermato a giocare con i bambini. L’asfalto è stato il primo campo da calcio per molti calciatori diventati famosi. “Usavamo le giacche per fare i pali ed il marciapiede segnava la linea dell’out” – cosଠla leggenda Johan Cruijff raccontava il suo debutto col pallone. La strada era il campo da percorrere col pallone, e proprio in quelle partite polverose, dove non era raro vedere i giocatori con le ginocchia sbucciate, nascevano soprannomi ispirati dai campioni calcistici delle diverse epoche. Due porte improvvisate, un campo senza righe, i muri a delimitare: era il pallone ad essere inseguito. “Ogni volta che un bambino prende a calci qualcosa per strada, lଠricomincia la storia del calcio”. Scriveva Jorge Luis Borge. Ricordi d’infanzia. Ricordi di un tempo che è stato. AGIPRESS
di Gaia Simonetti