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15 Giugno 2023

Berlusconi, ora il rispetto poi la storia

Il commento di Massimo Sandrelli.

AGIPRESS – Sarà perché non amo i funerali, sarà perché ho rispetto della morte, tutta questa gran cassa su Silvio Berlusconi mi ha lasciato molto interdetto. Intanto il lutto è un atteggiamento intimo e singolare, capisco poco il lutto nazionale, comprendo il desiderio di rendere omaggio ad un personaggio che ha segnato profondamente la sua epoca ma un sentimento non lo si può disporre per decreto. Sarebbe stato più giusto portare rispetto al dolore ed affidare il “processo alla storia”. Cosଠè sembrato più un gesto dovuto da parte di un governo che senza di lui non sarebbe mai nato. Oggi l’amore incondizionato e la gratitudine degli amici è cosଠvivo tanto quanto il livore, l’astio e l’invidia dei nemici, quindi da un confronto che cosa può uscire se non la solita inutile rissa? E poi Berlusconi è stato un personaggio poliedrico, a più dimensioni. Difficilissimo darne un giudizio sintetico. Di certo è stato un imprenditore che, per definizione, ha come obiettivo il profitto oltre al benessere delle sue aziende. E lui ha perseguito questi scopi tenacemente e con successo. Nel calcio è stato il presidente che tutti i tifosi vorrebbero per i propri colori. Ha vinto in lungo e in largo. Il suo segreto? Fece saltare il banco degli stipendi, alzando premi e ingaggi e distruggendo la concorrenza nazionale e internazionale. Ma seppe anche scegliere le persone giuste sia in panchina che in campo, inserendosi sapientemente nel Palazzo.

Sulle televisioni seppe far lo stesso. Aveva di fronte due gruppi editoriali importanti: Rusconi (Italia 1) e soprattutto Mondadori (Retequattro) due aziende che sapevano poco di tivù e di pubblicità . Lui bruciò loro sul tempo e avendo imparato alla svelta la televisione e le sue scelte di palinsesto erano rivolte alla gente normale, fregandosene dello snobismo degli intellettuali. I vecchi direttori-giornalisti per insegnare i gusti del pubblico predicavano la tecnica delle tre (poi diventate quattro) s: sesso, sangue, soldi e sport. Mi ricordo delle prime avventure sul mercato americano, Mondadori si fece attrarre da “Venti di guerra” un noioso quanto paludato feuilleton a stelle e strisce. Lui optò per “Uccelli di rovo” un’intrigante storia dove la passione si intrecciava con l’abito talare. I suoi ascolti furono un trionfo quelli di Retequattro un vero flop. In una notte acquisଠItalia 1 e dopo circa un anno Rete4. Parlava di rivoluzione liberale ma l’imprenditore naturalmente mira al monopolio del mercato, perché cosଠfa “borsone” nella pubblicità . Era un seduttore, un grande venditore e stupiva i suoi clienti dal piccolo omaggio agli inviti in elicottero. Non badava a spese. I network di allora erano sempre più importanti ma non potevano trasmettere in interconnessione nazionale. Bisognava spedire le cassette ad ogni centro e far combinare gli orari. Non si poteva fare la diretta. Lui ottenne che il governo Craxi abbattesse anche questo ultimo muro e fu la vera rivoluzione. Cominciò a fare concorrenza alla Rai “seducendo” personaggi sempre più importanti. Si dice, mio il gioco mie le regole. Berlusconi diventò passo passo padrone del gioco.

Poi arrivò per lui la necessità di scendere in campo. Dopo Mani pulite, sembrava la sinistra fosse destinata a travolgere tutto. La “gioiosa macchina da guerra” di Occhetto pareva aver già vinto le imminenti elezioni. Lui, nonostante il parere contrario di Indro Montanelli ma anche di altri, scelse di far nascere un partito in laboratorio, usando le stesse tecniche di comunicazione e marketing che tanto bene avevano funzionato in tv ed ebbe ragione, anche se nella coalizione accettò come partner la Lega del secessionista Umberto Bossi che al Nord stava facendo faville, e Alleanza Nazionale di Gianfranco Fini che nata sulle ceneri del Movimento Sociale, cercava di apparire meno nera e più grigia, raccogliendo peraltro molti voti al sud, Un’operazione quantomeno disinvolta che magari nessun politico di quella generazione avrebbe mai fatto ma Berlusconi, da imprenditore, non sentiva imbarazzi etici. Per meglio dire anche un imprenditore ha una sua etica ma certo è più sottile, più malleabile di quella del politico in senso classico. Per Berlusconi il “non si può fare” non era quasi mai una porta chiusa. Assommando tutti questi poteri diventò un personaggio quantomeno ingombrante e mentre nel calcio e nel business recitava con una certa eleganza perfino il ruolo di padrone indiscusso, scopri’ presto che in politica le dinamiche erano diverse. Ci sono pochi Zapata ma molti peones. E se contro Zapata vinci o perdi, i peones si accontentano di renderti tutto più difficile per certificare il loro pusillanime potere di veto. Cosଠi suoi patinati slogan spesso restarono annunci di maniera. E lui non se ne dava una ragione, invocava un cambio di regole ma soprattutto si sentiva spesso sotto ricatto: doveva badare alle sue aziende. Se un politico deve curare il bene comune, il privato si preoccupa del proprio “particulare” far combinare le due cose insieme e’ una impresa titanica. Sono mestieri diversi. Poi c’è stata la magistratura. Molti parlano di complottismo, a mio modo di vedere credo la ragione stia nella stagione di Mani pulite. L’equilibrio dei poteri previsto dalla Carta Costituzionale è saltato causa la slavina delle inchieste sulle tangenti e la politica non se l’è mai sentita (o non ha mai avuto il coraggio) di ripristinare le antiche regole, neppure Berlusconi. Sulle donne poi, dalla presunta nipote di Mubarak (come perfino il Parlamento fu costretto a esprimersi) all’igienista dentale, alle fidanzatine di turno (munificamente ricompensate a fine corsa) alla promessa ai giocatori del Monza (vi farò avere una bastimento carico di donnine¦) credo sia meglio non parlare. Il cardinale di Milano Delpini, nella sua omelia funebre, lo ha definito “un uomo con un desiderio di vita, di gioia e di amore”. E ogni uomo è la somma delle sue contraddizioni. AGIPRESS

di Massimo Sandrelli

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