In pazienti positivi entro 10 giorni dall’esordio dei sintomi e non in pazienti con malattia grave, come avviene già per gli antivirali.
(AGIPRESS) – Ad oggi, i dati disponibili sugli anticorpi monoclonali, confermati sia da EMA che da AIFA, confermerebbero l’importanza del loro utilizzo in pazienti positivi entro 10 giorni dall’esordio dei sintomi e non in pazienti con malattia grave, come avviene già per gli antivirali. Con l’obiettivo di fare il punto sui dati scientifici disponibili sino ad ora e sulle prospettive future, Motore Sanità ha organizzato l’instant Webinar ˜ANTICORPI MONOCLONALI ANTI COVID’. “Gli anticorpi monoclonali – ha spiegato Matteo Bassetti, Presidente SITA e Direttore UO Clinica Malattie Infettive Ospedale Policlinico San Martino di Genova – se somministrati all’insorgere dei primi sintomi, meglio se entro i primi 4-5 giorni, permettono di tenere sotto controllo il decorso della malattia e di evitare la forma più grave. In Liguria circa 200 persone sono state trattate cosଠsenza nessun decesso. Si tratta di una ‘cura efficace’ contro il virus. Peccato che in Italia non sia ancora sfruttata al massimo in tutte le regioni. Occorre che si intraprendano ovunque protocolli di collaborazione tra ospedale e territorio per consentire il loro utilizzo nelle prime fasi dell’infezione”.
“Nella battaglia contro il Covid – ha dichiarato Antonio Gaudioso, Presidente Cittadinanzattiva – tutti gli strumenti a disposizione sono fondamentali e vanno utilizzati nella maniera più efficace: innanzitutto occorre che la campagna vaccinale vada avanti con celerità e che i cittadini continuino a mantenere i comportamenti adeguati contro il contagio. Gli anticorpi monoclonali sono un altro strumento fondamentale e devono essere utilizzati in maniera tempestiva ed appropriata. La somministrazione precoce, come sappiamo, è la chiave fondamentale e per questo è importante il ruolo dei medici di famiglia che, lavorando a stretto contatto con le strutture ospedaliere, possono ottimizzare la gestione di questa cura. Tuttavia, come ha mostrato il monitoraggio dell’Aifa nei giorni scorsi, ci sono enormi differenze nella somministrazione degli anticorpi monoclonali tra le varie realtà del paese e anche all’interno della stessa area territoriale. È un problema che va con urgenza superato, perché l’accesso alle cure “ in questo caso innovative “ deve essere omogeneo e funzionale ai bisogni delle persone”.
“Considerati la terapia di precisione del COVID-19 – ha spiegato Francesco Menichetti, Direttore UO Malattie infettive AOU Pisana e Presidente GISA – gli anticorpi monoclonali rappresentano un’opzione per tentare di bloccare l’infezione da SARS-CoV2 nelle prime fasi ed impedirne la progressione a malattia che richieda la necessità di ricovero in particolare nei soggetti a rischio di sviluppare un COVID-19 grave. Purtroppo, i monoclonali approvati recentemente da AIFA sono stati messi a punto diversi mesi fa quando la circolazione prevalente del virus era di tipo diverso da quella attuale. Questo ritardo si riflette purtroppo in una minore efficacia od addirittura nella inefficacia di questi cocktail nei confronti delle varianti ora prevalenti in Italia, in particolare quella brasiliana che in centro Italia incide sino al 30%. È quindi di particolare importanza lo sviluppo clinico di monoclonali di seconda generazione che posseggano invece un’adeguata attività contro le varianti. Una adeguata ed armonica continuità assistenziale tra medicina del territorio ed ambulatorio ospedaliero per la somministrazione dei monoclonali è il requisito indispensabile per garantire la precocità della diagnosi e dell’intervento terapeutico che, altrimenti, perde la sua potenziale efficacia”. AGIPRESS