AGIPRESS – La crisi climatica si fa sentire incessantemente, le temperature e il livello del mare aumentano, le erosioni e gli incendi sono sempre più numerosi, le alluvioni si intensificano devastando qualsiasi cosa in pochissimi minuti. Questi fenomeni naturali, molto più intensi rispetto al passato, hanno un impatto significativo sull’ecosistema e sulla sostenibilità della nostra vita, ma non solo, a risentirne è anche il nostro patrimonio culturale, sono a rischio infatti, aree archeologiche, monumenti e città d’arte. Gli esperti sono angosciati per la salute del nostro Pianeta sempre più minacciato e l’Unione Europea si sta battendo da tempo per cercare di giungere al più presto verso una neutralità climatica. L’United Nations Economic Commission for Europe (UNECE) asserisce: “Gli inquinanti atmosferici non solo danneggiano la salute umana e l’ambiente, ma stanno anche degradando le superfici di edifici e monumenti storici. La corrosione e l’imbrattamento dei siti del patrimonio culturale a causa dell’inquinamento atmosferico possono portare a gravi perdite economiche a causa degli elevati costi di manutenzione e restauro. Ad esempio, il costo totale annuo dei lavori di manutenzione da imbrattamento della superficie calcarea del Colosseo a Roma, patrimonio mondiale dell’UNESCO, è stimato in circa 680.000 euro all’anno”.
Tre siti a confronto – Lo studio “Convention on long-range transboundary air pollution”, conseguito da Teresa La Torretta e Pasquale Spezzano dell’ENEA, presentato al 39th Meeting of the Programme Task Force of ICP Materials che si è tenuto dal 3 al 6 maggio a Bochum in Germania, ha valutato il rapporto tra l’ambiente e il manufatto di tre Patrimoni dell’Umanità UNESCO: la Reggia di Caserta, San Doimo a Spalato in Croazia, la Wà¼rzburger Residenz in Germania. Lo studio rileva che: “L’inquinamento da ossidi di azoto (NO2) e particolato (PM10) ha l’impatto più importante sulla corrosione e sullo sporco del calcare, come evidenziato dai tre siti del Patrimonio mondiale selezionati. Per la Reggia di Caserta, la corrosione e l’imbrattamento sono più alti. Anche se negli anni presi in esame (2015-2019) si osserva una leggera diminuzione delle concentrazioni di NO2 e PM10 in tutte le città che ospitano questi tre siti del Patrimonio mondiale dell’UNESCO, i rischi di corrosione e imbrattamento rimangono presenti. Questo dimostra ancora una volta che oltre all’inquinamento di origine locale misurato nelle stazioni di monitoraggio urbano, gli inquinanti generati da fonti esterne alla città o anche più lontane (anche da fonti distanti centinaia o migliaia di chilometri, anche oltre i confini nazionali) hanno un importante impatto negativo sui monumenti culturali”.
Per quanto riguarda la Reggia di Caserta si evidenzia: “A partire dagli anni ’90, problemi di finanziamento hanno portato a gravi carenze nella manutenzione dell’edificio, culminate nell’autunno del 2012 con il crollo di due strutture, il cornicione terminale della facciata principale e il timpano di una finestra, evidenziando lo stato di degrado delle decorazioni architettoniche dell’edificio. È stato accertato che la caduta dei blocchi di pietra più grandi è stata causata dall’arrugginimento delle antiche morse di ancoraggio in ferro dovuto all’infiltrazione di acqua e favorito dalla crescita di erbacce nelle fessure. È stato quindi avviato un ampio progetto di restauro preceduto da indagini strumentali (utilizzando moderne tecnologie quali laser scanner, georadar, induzione di impulsi e termografia) e da approfonditi sopralluoghi finalizzati ad analizzare nel dettaglio la tipologia del materiale, il suo stato di conservazione, la presenza di eventuali anomalie e alla mappatura delle sconnessioni del materiale lapideo. Essendo situato nel cuore della città , il Palazzo Reale è soggetto alla pressione ambientale causata dall’inquinamento atmosferico della città , ma allo stesso tempo potrebbe essere protetto dagli alberi circostanti”.
Prevenire piuttosto che curare – Per tenere sotto controllo il patrimonio occorrono nuove tecnologie, alcune sono già state sperimentate da siti importanti. L’Italia è capofila e all’avanguardia in questi studi, e sta introducendo una serie di monitoraggi molto validi che utilizzano le immagini da satellite per controllare aree molto ampie, in modo da evidenziare subito eventuali cambiamenti strutturali in un monumento. Ma tutto ciò non basta. “Per ridurre gli impatti e i relativi costi dell’inquinamento atmosferico sul nostro patrimonio culturale, sono necessarie ulteriori azioni di mitigazione dell’inquinamento atmosferico. L’UNECE Air Convention, adottata nel 1979, fornisce uno strumento regionale unico e vincolante attraverso il quale 51 parti paneuropee e del Nord America collaborano per ottenere riduzioni delle emissioni delle principali sostanze inquinanti. Ulteriori sforzi nell’ambito della Convenzione possono ridurre i rischi per il patrimonio culturale, oltre che per la salute umana, gli ecosistemi e il clima”, conclude L’UNECE. AGIPRESS
di Francesca Danila Toscano