DIRETTORE RESPONSABILE FRANCESCO CARRASSI

20 Luglio 2023

A rischio il vino italiano per le fitopatie

I volumi calano ovunque. E se il caldo sahariano frena la peronospora, l’alta percentuale di umidità favorisce l’oidio.

AGIPRESS – Tra le tante lame che pendono sull’economia italiana, c’è anche la vendemmia 2023. Cinquanta milioni di ettolitri prodotti nel 2022 e 50 in giacenza a giugno 2023, in un quadro generale di vendite, consumi ed export in diminuzione, con un surplus di prodotto che generato un ribasso dei prezzi del vino base. Come se non bastasse, in un mercato dominato dall’inflazione, le ferite aperte in primavera dalla peronospora sui circa 700mila ettari di vigneto nazionale sono destinate a pesare sull’imminente campagna. Per certi versi, produrre meno vino potrebbe sbloccare il mercato, ma la congiuntura è comunque da incubo per le imprese vitivinicole. E’ questa la prima parte del sondaggio pre-vendemmia (la seconda dedicata al Centro-Nord sarà pubblicata il 27 luglio), realizzato nella seconda decade di luglio dal settimanale Tre Bicchieri attraverso la voce dei Consorzi di tutela delle principali Dop da cui emerge un senso di forte preoccupazione per il 2023/24. Gli improvvisi voltafaccia del meteo, passato da un inverno con scarsa piovosità a una primavera con precipitazioni eccezionali e, poi, a un’estate con temperature sahariane, hanno aumentato nella base produttiva la sensazione di impotenza di fronte alla crisi climatica. Una cosa, a detta di tutti, è certa: si raccoglieranno meno uve e si produrrà meno vino. La virulenza delle fitopatie in vigna ha lasciato segni indelebili. Soprattutto al Centro-Sud, dove diversi attacchi di infezioni fungine come non si registravano da anni, in particolare nei versanti adriatico e ionico dello Stivale, hanno trovato impreparati alcuni areali.

In Toscana invece Gallo Nero e Chianti Docg “sotto controllo”. Produzione stimata in linea col 2022, a 260mila ettolitri, per il Consorzio del Chianti Classico. Le cantine hanno dovuto ricorrere agli straordinari sui 7.200 ettari, per contenere la peronospora tra maggio e giugno: “Tuttavia, le particolari caratteristiche pedoclimatiche del territorio, con un’altitudine elevata e una buona ventilazione, hanno fatto sଠche siano stati contenuti”. Il distretto del Gallo Nero tiene a sottolineare che le conseguenze sulla produzione sono solo quantitative e non qualitative. “Riteniamo ci siano i presupposti per una vendemmia di ottima qualità “. Inizio raccolta intorno al 20 settembre, in un territorio che per il 50% è bio e nel quale è allo studio un manifesto di buone pratiche di sostenibilità , da far sottoscrivere agli associati. Nel grande areale del Consorzio Chianti Docg (1 milione di quintali di uve nel 2022), che a inizio primavera aveva chiesto alla Regione un taglio delle rese del 10% per fronteggiare le giacenze, la peronospora arriva quasi in soccorso. Tuttavia, va considerato che per alcune imprese salvare il raccolto dalle infezioni “è costato economicamente il doppio rispetto alla media”, tiene a sottolineare il presidente Giovanni Busi, presente il 18 luglio a un incontro in Regione in cui le sigle sindacali hanno sollecitato aiuti ai produttori. Complessivamente, i volumi scenderanno tra 10% e 15%, in un 2023 in cui “soprattutto le imprese bio hanno registrato maggiori difficoltà “. Non ci sono troppe preoccupazioni, invece, sul fronte qualità : “La peronospora taglia la quantità a differenza dell’oidio, che va monitorato”. Raccolta al via, in ritardo di una settimana, a metà settembre. Il Consorzio del Brunello di Montalcino è prudente rispetto ai volumi attesi. Lo scorso anno sono stati 126mila i quintali di uve per Brunello Docg e 38mila per il Rosso Doc. “Difficile al momento stimare il danno da peronospora, che è quantitativo e non qualitativo”, tiene a sottolineare il presidente Fabrizio Bindocci, che ipotizza un inizio raccolta per il 14 settembre. AGIPRESS

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