AGIPRESS – Dal 25 febbraio al 2 marzo è andato in scena al Teatro della Pergola “Il fu Mattia Pascal” interpretato magistralmente da Geppy Gleijeses. Il fu Mattia Pascal, pubblicato nel 1904, è il romanzo che diede a Pirandello fama mondiale e che nella letteratura del Novecento rafforza il tema del Doppio. Le vicissitudini di Mattia Pascal fanno vivere al pubblico tanti colpi di scena, in uno spazio/tempo non perfettamente definito che lascia lo spettatore a volte spiazzato. Un uomo creduto e poi fintosi morto, quando “risuscita” s’accorge che non può essere riammesso nella società, nella famiglia, perché per la società, per la famiglia egli è morto davvero. Quale prova più scintillante del sentimento del contrario? Disonestà e purezza, vita-morte nel grande caleidoscopio della certezza sociale, che bolla come sicuro quello che non esiste e come inesistente quello che vive. E dentro una tessitura umoristica, elementi riflessivi e irrazionali sconvolgono quella quarta parete, che nel teatro come nel romanzo dovrebbe essere protezione d’impersonalità, come se l’autore stesso e il pubblico non esistessero. Il significato che ‘Il fu Mattia Pascal è ben lontano dall’essere riconosciuto ancor oggi pienamente, pur trattandosi di un’opera che ebbe grande fortuna. E, incredibilmente, pur nascendo come romanzo (e che romanzo!) è uno dei titoli teatrali pirandelliani di maggior successo, se non quello di maggior “chiamata”. È una “farsa trascendentale” retta sull’assurdo. “Il malinconico essere moderno, dall’occhio strabico, l’osservatore della vita, volta a volta cinico, amaro, melanconico, sentimentale” (Antonio Gramsci). Mattia dice di sé “ero inetto a tutto”, mirabile esemplare italiano di questa generazione d’inetti, di uomini senza qualità, come Zeno Cosini di Italo Svevo.
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