Nardella frena e si sposta su Bonaccini, Giani gli insidia la leadership fra i <dem>, Renzi medita rivincite e pensa a Palazzo Vecchio 2024.
AGIPRESS – FIRENZE – A quanto pare Dario Nardella non sarà candidato alla segreteria del Pd. Questo dobbiamo dedurre dal colpo a salve che il sindaco di Firenze ha sparato domenica scorsa al cinema Quattro Fontane di Roma, dove ci si aspettava il botto. Cioè l’annuncio della sua candidatura, oltretutto preceduto da segnali forti e apparentemente inequivocabili (perfino un libro in vecchio stile renziano), che all’ultimo momento si è però convertito in uno strategico e prudente appello al cambiamento. Un definitivo abbandono. O forse una posizione attendista. Nardella si è per ora ritagliato un ruolo di regia sui contenuti del congresso pd e sulle necessità di una svolta governata dai sindaci: da attore protagonista a sceneggiatore. E’ stata una tattica per alzare la posta o consapevolezza di una sconfitta che ha consigliato la frenata? Il rischio reale è che con questa mossa, Nardella sia sia messo ai margini della sfida per la successione di Enrico Letta, abdicando cosଠanche al ruolo di punto di riferimento del Pd in Toscana. Soprattutto se la sfida per la leadership dovesse vincerla Stefano Bonaccini. E’ probabile che alla fine Nardella si schieri con il governatore dell’Emilia Romagna, ma tutti sanno che il riferimento del candidato in questo momento più accreditato sia piuttosto il suo omologo Eugenio Giani. Complici i buoni rapporti di entrambi con Matteo Renzi che dalla rinuncia di Nardella trarrebbe vantaggi futuri. Un conto è avere Nardella al vertice del partito e un altro conto è tenerlo a distanza da ruoli di potere, anche in prospettiva 2024, quando si dovrà votare per il rinnovo del sindaco a Palazzo Vecchio, trono sul quale Renzi già progetta di piazzare uno dei suoi. Probabilmente la stessa Stefania Saccardi, attuale vice presidente della Toscana. Sia Renzi che lo stesso Giani non hanno in questo momento un rapporto idilliaco con il sindaco. Anzi, l’ex premier dicono che gliel’abbia giurata. Mentre con il governatore toscano ci sono già state recenti scintille su temi importanti come il trasloco del prestigioso archivio fotografico Alinari da Firenze a Montecatini. Ora invece lo scenario sembra spostato. Ed è cambiata anche la posizione di Renzi, con il quale né Bonaccini né tanto meno Giani hanno mai rotto il cordone ombelicale. Cosa che invece è accaduta con Nardella. La cui eventuale candidatura non sarebbe vista di buon occhio da quasi tutti gli esponenti di spicco del Pd toscano, che in caso di successo temevano – o temono? – di subire un inevitabile ribaltamento anche delle gerarchie locali, con il conseguente scombussolamento della mappa del potere. Nè era vista di buon occhio dal sua antico mentore Matteo Renzi, che lo accusa di scarsa riconoscenza nei suoi confronti. È singolare la posizione di Renzi, che pur essendo fuori dal Pd e anche l’uomo più odiato dal partito dem, mantiene un legame con alcuni dei suoi principali leader in Toscana. Sia Giani che Nardella vengono dal ceppo renziano e uno dei motivi per i quali Renzi oggi non digerisce Nardella è proprio che il sindaco di Firenze ha smesso da tempo di ascoltarlo e cerca tutti i pretesti per affrancarsi da quel passato ingombrante che lo condiziona comunque si muova. E Renzi, di contro non perde occasione per criticare le scelte di quello che è stato il suo vicesindaco e che lui stesso ha “costretto” alla sua successione> nel 2014, quando le mire di Nardella sarebbero state altre. L’ex premier nelle settimane scorse è intervenuto a gamba tesa accusando Palazzo Vecchio di aver trasformato la città in un multificio, per la raffica di contravvenzioni che stanno arrivando a casa dei fiorentini a causa degli autovelox tarati su velocità bassissime e difficilmente rispettabili. E anche sullo stadio Renzi non perde occasione per sostenere che sarebbe stato meglio un impianto di proprietà realizzato con i soldi del privato (nel caso, del presidente della Fiorentina Commisso) e non ampliare il Franchi con il denaro pubblico. Il braccio di ferro, dunque, è ancora all’inizio. Sullo sfondo la leadership nazionale del Pd, verso il cui traguardo, domenica prossima, si aggiungerà la corsa di Elly Schlein, numero due di Bonaccini nella Regione Emilia Romagna e ora sua antagonista al vertice del Nazareno. Schlein farà quello che non ha fatto Nardella domenica scorsa nella sua convention romana, scendendo direttamente in campo. Fra i due si era parlato perfino di un ticket (con il fiorentino presidente del partito), ipotesi che sembra tramontata. Sulla strada, dovunque essa condurrà , c’è anche il congresso regionale toscano del Pd, che porterà alla sostituzione della segretaria Simona Bonafè, pure lei criticata per una condotta politica impalpabile. Con quali nuovi equilibri oggi è difficile prevederlo.
di Marcello Mancini
AGIPRESS