Questo territorio appare in bilico tra difesa a oltranza del paesaggio e necessità di sviluppo
AGIPRESS – La Val d’Orcia ha bisogno di un turismo culturale, ma non quello di festival e sagre, che sono tutti uguali. Ad affermarlo con forza è stato il professor Pietro Clemente in un convegno che si è svolto ieri a Radicofani, parlando dell’alta Val d’Orcia come “un modello di complessità nemico della globalizzazione. Per questo va difeso in maniera attiva, con nuove idee. Occorre un’autority ““ sempre secondo Clemente – che costruisca un processo di sinergie e capacità di ricerca, che dia un nuovo slancio a progetti lungimiranti, come quello del Parco naturale artistico e culturale della Val d’Orcia”. Occorre anche una diversa capacità di comunicazione: far comprendere, ad esempio “che le attività umane si svolgono là¬, dove c’era il mare”
Il sindaco Massimo Magrini: “I processi di cambiamento vanno assecondati con criterio. Per questo sono contrario alle pale eoliche, alla geotermia o al fotovoltaico che ruba spazi all’agricoltura, in un’area dove la bellezza del paesaggio si lega al valore delle sue produzioni”. Ed ecco la necessità di assumere l’eredità della Val d’Orcia, per progettarne il futuro, con una capacità di conciliare il campanilismo con una programmazione di area, insieme a una proposta culturale che vada più in profondità . Questo il messaggio che arriva da Radicofani, unito a un’attenta descrizione dei fenomeni di erosione, cosଠparticolari a causa di un territorio argilloso ma ricco di depositi di sale marino.
Geologi, storici e antropologi, nel convengo organizzato dal Comune di Radicofani e coordinato da Mariano Fresta hanno dato prova delle potenzialità di un confronto costruttivo, e di come la ricerca possa dare una chiave di lettura sull’alta Val d’Orcia, pensando a uno sviluppo attento alla sua storia nobile, grazie a una sensibilità che deve caratterizzare gli amministratori locali.
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