DIRETTORE RESPONSABILE FRANCESCO CARRASSI

21 Gennaio 2025

QUANDO IL COLTELLO IN TASCA DIVENTA UNO STATUS SYMBOL

Il commento di Marcello Mancini

Convivere con il crimine. Avete mai avuto un temperino in tasca? Quando ci si avventura in una passeggiata nei boschi è quasi obbligatorio. Ma quando si va in discoteca o a scuola , anche no. E invece una delle nuove abitudini in voga fra i giovani è quella di portarsi addosso un coltello (altro che temperino….) Nelle cronache si legge sempre più spesso di aggressioni, piccole rapine, i cui protagonisti sono giovani che brandiscono una lama. Si contano i feriti, a volte i morti. Alcune scuole installano anche metal detector per prevenire che armi di questo tipo vengono introdotte in classe. E’ un problema che rischia di innescare una escalation di violenza. Si esce di casa con un coltello come se fosse uno smartphone. Uno status symbol. In alcune realtà la giustificazione è che si tratti di un’arma difensiva: uscendo dopo cena, non si sa mai. Giovani apparentemente pacifici, con la complicità dell’alcol e della droga, possono trasformarsi in elementi pericolosi. Si fa presto a convertire l’arma in offensiva. Tanto più che la violenza si sta insinuando nel mondo giovanile con una facilità impressionante. E’ una specie di iniziazione per il passaggio all’età adulta. Una volta bastavano le sigarette per dimostrare di essere diventati <grandi>, oggi è richiesto molto di più. Tutto predispone alla violenza. Dicono gli psicologi che perfino un certo tipo di musica può rappresentare una sollecitazione, magari per le menti più labili. Aggiungete poi il clima sociale, le guerre nel mondo che mostrano in tv e sui giornali, come sparare e morire sia molto più semplice di quanto si possa immaginare. Il cosiddetto spirito di emulazione è più diffuso di quanto si pensi. La ricetta per impedire tutto questo? Educare i ragazzi alla legalità. In famiglia, a scuola, nelle associazioni soprattutto sportive. Il tessuto sociale deve essere pronto a cogliere i segnali di allarme e intervenire. Forse siamo ancora in tempo.

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