DIRETTORE RESPONSABILE FRANCESCO CARRASSI

14 Ottobre 2024

L’intelligenza artificiale contro gli “spioni”

Il commento del Prof. Avv. Ranieri Razzante

Se proprio volessimo dare un’utilità effettiva, scegliendo un campo ove più di tutti l’IA potrebbe trovare un posto in prima fila, insieme agli altri che ormai sono nel nostro immaginario, dopo il clamore (ormai stantio) della sua ascesa, indubbiamente nei software delle banche e dei principali detentori dei nostri dati sensibili questo importante strumento sarebbe quasi da prevedere come obbligatorio.
I casi di appropriazione (e divulgazione?) di dati sensibili su Peps (prendo a prestito la definizione di “persone politicamente esposte” delle leggi antiriciclaggio) dei quali la magistratura italiana (e solo essa, per quanto mi riguarda) si sta occupando a seguito delle indagini sui presunti dossieraggi in Dna e Banca Intesa, mentre attendiamo di sapere quali implicazioni penali debbano avere ex lege, ci danno palmare evidenza di un fatto.
Troppi dati in giro, troppe persone li hanno a disposizione, poche le regole di compliance a fronte del loro trattamento.
Molte informazioni le diamo noi, inconsapevolmente, quando pubblichiamo (con particolare avventatezza) sui social e i siti che ci riguardano dati sensibili su noi stessi e le nostre famiglie, o sulle nostre attività professionali. Gli hacker se ne nutrono, usando l’IA, purtroppo, per facilitarne la cattura. Nelle aziende private, gli accessi andrebbero maggiormente limitati, e non servono ulteriori leggi per questo. Esistono dei disciplinari sulla privacy (il c.d. Gdpr europeo), che dovrebbero prevedere rigide barriere all’accesso stesso e all’utilizzo di dati della clientela. Molte società non sono ancora compliant con queste regole e con i dettami del Garante.
Nel pubblico, come noto, gli enti sono anch’essi indietro, soprattutto con la cybersecurity. La legge ha previsto che tutti siano assoggettati alle regole di minima protezione da hacKeraggi e accessi fraudolenti, ma la mappa delle istituzioni a rischio è ancora assai estesa.
E cosa dire delle piattaforme estere? E dei server connessi alle big tech e colossi del web? Terra di nessuno. Qui non si può concordare con chi dice che dobbiamo essere più liberali, perché i vantaggi che Google (come sistema) ci dà sono assai superiori ai danni stimabili. Lo si dice anche dell’intelligenza artificiale, ma tocca avere il coraggio di affermare che non è così.
L’IA facilita di almeno il doppio gli attacchi informatici e le frodi on line. Per questo dobbiamo promuoverne l’utilizzo virtuoso per la “contro-intelligence” e la “cyber-AI”. Ne abbiamo abbondantemente discusso nel corso del Convegno dello scorso 7 ottobre al Senato, in occasione della presentazione del mio ultimo Volume (Manuale sull’Intelligenza artificiale, editore Giappichelli). Emersi spunti soprattutto sugli utilizzi in bonis nella difesa, nell’intelligence, nella sicurezza, ma anche nel comparto della giustizia. Perché non si guarda a questi, invece di magnificare le idee di semplificazione del lavoro dell’uomo, spersonalizzandolo e mortificandone le doti intellettive?
Soprattutto, l’IA non solo per i cattivi, ma anche per quei finti buoni che vogliono approfittare del patrimonio immenso, e spesso a bassissimo costo, offerto dalle banche dati pubbliche o private che siano, sulle quali finalmente dobbiamo mettere regole draconiane di impiego da parte di chiunque. AGIPRESS

Prof. Avv. Ranieri Razzante
Consulente Commissione Parlamentare Antimafia
Docente di Tecniche di gestione dei rischi di riciclaggio – Università di Bologna
Docente di Tecniche e regole della cybersecurity – Università Suor Orsola Benincasa
Direttore Centro di Ricerca su Sicurezza e Terrorismo 

ARTICOLI CORRELATI
Torna in alto