AGIPRESS – Un nuovo impianto, tecnologicamente avanzato, per il recupero della frazione organica dei rifiuti solidi urbani. L’impianto, in mezzo alle colline dell’Alta Valdera, è della società Albe, una joint venture partecipata al 50% da Alia Multiutility e al 50% da Belvedere; ed è un moderno biodigestore anaerobico in grado di trattare annualmente 97.000 tonnellate di rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata della frazione organica, oltre a 8.000 tonnellate di verde derivante da sfalci e potature, che daranno origine a 8 milioni di metri cubi di biometano e a 18.000 tonnellate di ammendante compostato misto da poter utilizzare in agricoltura. Il nuovo impianto di Peccioli, insieme a quello simile inaugurato lo scorso maggio all’interno del polo di Casa Sartori a Montespertoli (4 biodigestori con capacità di trattare fino a 160.000 tonnellate di rifiuti da raccolte differenziate e di produrre 12 milioni di metri cubi di biometano e 35.000 tonnellate di compost), consentirà l’autosufficienza dei Comuni della Toscana centrale e di quella costiera, che potranno dunque trattare internamente il 100% di frazione organica da rifiuti solidi urbani e verde. Si apre così una nuova fase: quella dell’indipendenza nella gestione dei rifiuti organici con un ruolo, per i territori coinvolti, da assoluti protagonisti nella produzione di energia pulita grazie al biometano e al compost. Questi elementi permetteranno di chiudere la catena dell’economia circolare, un percorso da tempo suggerito dall’Unione Europea e da altri importanti enti ambientali mondiali in ambito di sviluppo sostenibile. In particolare, il biometano rappresenta un importante contributo per ridurre la dipendenza nazionale dalle importazioni e per consentire il passaggio da un’economia basata sui carburanti fossili ad una più pulita e sostenibile.
L’impianto di Peccioli si sviluppa su una superficie di circa 3 ettari, comprende 4 capannoni industriali e altri manufatti impiantistici e prevede 9 sezioni diverse di lavorazione. Nella prima sezione, composta da un capannone di 2.000 metri quadrati di superficie, arriveranno in prima battuta i sacchi di rifiuti organici derivanti dalla raccolta differenziata urbana e avverrà una prima selezione dei materiali, durante la quale verranno rimossi i piccoli residui di frazioni estranee, come i metalli e le plastiche. Il materiale organico selezionato verrà poi inviato ai tre digestori, vero cuore del sistema, all’interno dei quali specifici batteri anaerobici trasformeranno le lunghe catene organiche di carbonio in metano e in altri gas organici. Al termine del processo di digestione la parte solida residua, una specie di fango, chiamato ‘digestato’, verrà pompata nella sezione di miscelazione, situata in un altro capannone di 12.000 metri quadrati di superficie, che comprende anche le successive sezioni dedicate al compostaggio e alla raffinazione del compost, per essere prima mescolato con il rifiuto verde (sfalci e potature) e poi inserito in 20 biocelle lunghe 30 metri e larghe 6,5. All’interno delle biocelle la miscela ottenuta attraverserà una seconda fase di ‘digestione’ durante la quale i batteri, stavolta aerobici, la stabilizzeranno e la igienizzeranno, trasformando la materia putrescibile in compost organico, che poi sarà ulteriormente raffinato per dare vita ad un prodotto, l’ammendante compostato misto, pronto per essere utilizzato in agricoltura. Parallelamente, il biogas grezzo estratto dai biodigestori sarà inviato alla sezione di up grading, costituita da una serie di torri e tubazioni, che lo trasformerà in biometano avanzato da poter utilizzare come carburante per i veicoli o come combustibile nei bruciatori. Una volta raffinato, il biometano verrà deumidificato e compresso per essere caricato sui carri bombolai alla pressione di 220 bar e quindi portato sul mercato.
L’impianto è stato realizzato in maniera tale da utilizzare, per il proprio funzionamento, come fonte primaria di energia, proprio il biogas prodotto dalla vicina discarica di Belvedere, fonte di energia rinnovabile. Il biogas della discarica arriva all’impianto lungo un’apposita conduttura, viene trattato per rimuove gli inquinanti mediante filtri a carbone attivo e poi utilizzato da due cogeneratori di corrente da 650 kW ciascuno, che forniscono energia elettrica a tutta la struttura, e da due caldaie da 800 kW che forniscono il calore necessario per i digestori e per le fasi di compostaggio. I lavori di costruzione dell’impianto hanno previsto la riqualificazione di tutta l’area interessata (compresa la sponda di là dall’impianto del Rio Melogio) con una sistemazione accurata, la realizzazione di opere civili ed elettromeccaniche e l’inserimento dell’infrastruttura nell’ambiente in modo assolutamente rispettoso. La struttura, realizzata con un investimento economico di 71 milioni di euro (40 milioni circa per le opere impiantistiche in senso stretto, altri 30 milioni per opere civili e di urbanizzazione, compresi sottoservizi e viabilità) entrerà a regime nel corso del 2025 dopo alcuni mesi di rodaggio, ed è stata concepita come ‘aperta’ agli utenti, con lo scopo di evidenziare la missione dell’impianto stesso: recuperare materia preziosa e produrre energie rinnovabili. Per fare funzionare l’impianto sono previste almeno 15 nuove assunzioni di personale operativo, alcune già effettuate, altre ancora da portare a termine. AGIPRESS