DIRETTORE RESPONSABILE FRANCESCO CARRASSI

12 Giugno 2024

BiodiversitĂ  e ricerca: l’Erbario Centrale Italiano si digitalizza

AGIPRESS – Con oltre 2 milioni di campioni botanici stimati, l’Erbario Centrale Italiano del Museo di Storia Naturale dell’UniversitĂ  di Firenze, è il piĂą grande erbario italiano e tra i piĂą importanti al mondo. Ed è qui che la storia della botanica italiana e il futuro della ricerca sulla biodiversitĂ  oggi si incontrano. Grazie all’impegno del National Biodiversity Future Center (NBFC), il primo centro italiano di ricerca sulla biodiversitĂ  (sostenuto con 320 milioni di euro dal PNRR Next Generation – EU) ha preso avvio, con un finanziamento di quasi 7 milioni di Euro, il piano di digitalizzazione massiva dell’Erbario Centrale Italiano, e di altre collezioni naturalistiche italiane (per un totale di 4 milioni e 200mila campioni), la cui conclusione è prevista per la fine di agosto 2025.
Le collezioni naturalistiche, con la loro ricchezza di dati e informazioni, frutto di secoli di ricerche ed esplorazioni scientifiche, sono fonti indispensabili per lo studio della biodiversità del nostro pianeta. Gli erbari italiani rappresentano una fetta importante del nostro patrimonio naturalistico, un vero e proprio “archivio della biodiversità”, una memoria storica che merita di essere tutelata e valorizzata.

«Il piano di digitalizzazione massiva si inserisce tra le azioni concrete che NBFC è chiamato a operare per la ricerca e la valorizzazione della biodiversitĂ  in Italia – afferma Luigi Fiorentino, Presidente del National Biodiversity Future Center. Con la sua rete nazionale estesa di universitĂ , centri di ricerca, associazioni e altri soggetti privati e sociali, il Centro si propone di promuovere la conoscenza della biodiversitĂ  italiana grazie a piattaforme digitali che insieme a tecnologie avanzate e intelligenza artificiale consentirĂ  ai ricercatori di tutto il mondo di accedere al nostro immenso patrimonio naturale. Al tempo stesso il centro promuove le peculiaritĂ  dei nostri musei anche valorizzando il ruolo attivo nella conoscenza, conservazione e valorizzazione della biodiversità».

Tra le azioni dello Spoke 7 (uno degli 8 Spoke che compongono la struttura del Centro, il raggio incaricato della comunicazione, educazione e impatto sociale della biodiversitĂ ) si inserisce quella che vede insieme l’UniversitĂ  degli Studi di Firenze e l’UniversitĂ  degli Studi di Padova: la digitalizzazione di tutti i campioni dell’Erbario Centrale Italiano (Herbarium Centrale Italicum) – conservato presso le collezioni botaniche “Filippo Parlatore” del Museo di Storia Naturale dell’UniversitĂ  di Firenze e di molte altre collezioni affini – è una delle operazioni piĂą importanti in ambito scientifico-naturalistico degli ultimi decenni. Insieme agli spoke scientifici (1-6) e a CINECA che supporta l’operazione con le tecnologie informatiche e di AI, il progetto sta procedendo spedito nei numeri ma soprattutto sta portando competenze e tecnologie nuove nella valorizzazione del patrimonio culturale.

«Formidabile archivio di biodiversità vegetale, l’Erbario Centrale di Firenze contiene almeno 2 milioni stimati di campioni, tra piante a seme (Erbario fanerogamico) e organismi privi di fiori e semi come muschi, felci, alghe, funghi e licheni (Erbario crittogamico), oltre a un vasto deposito che raccoglie centinaia di migliaia di campioni ancora poco o mai studiati – spiega Stefano Cannicci, Responsabile Scientifico del NBFC per l’ateneo fiorentino. Inoltre qui sono conservate alcune tra le collezioni botaniche storiche più importanti in Italia, vere e proprie testimonianze della sistematica e della tassonomia vegetali, tra cui la collezione privata del botanico e naturalista Philip Barker Webb (1793-1854) raccolta principalmente tra la fine del Settecento e la metà dell’Ottocento che, con i suoi 250 mila campioni provenienti da ogni area del mondo, è ancora oggi uno degli erbari più consultati dai botanici».

«Questo ingente progetto di digitalizzazione consente per la prima volta di valorizzare in maniera ampia e coordinata le collezioni naturalistiche italiane, con un focus su quelle botaniche. L’Italia possiede infatti una ricca rete di musei di storia naturale ed erbari, disseminati in tutta la penisola, con esemplari storici raccolti in tutto il mondo nei secoli passati – commenta Elena Canadelli dell’UniversitĂ  di Padova, Responsabile Scientifica del progetto di digitalizzazione. Il progetto promosso da NBFC dĂ  avvio a un ambizioso programma di mappatura e acquisizione della biodiversitĂ  storica italiana depositata in queste collezioni uniche, a partire da quelle di Firenze, tra le piĂą rilevanti in Europa. L’UniversitĂ  di Padova è orgogliosa di coordinare questo progetto dal respiro internazionale, che speriamo sia l’inizio di una nuova fase nello studio e valorizzazione di questo patrimonio unico».
Se nel Medioevo e nel Rinascimento si studiava la natura attraverso riproduzioni disegnate, nel 1543, grazie all’intuizione del medico imolese Luca Ghini, nacquero, a Pisa, il primo Orto botanico universitario al mondo, e il primo erbario moderno, entrambe istituzioni che avrebbero contribuito a trasformare per sempre il volto della botanica, da semplice disciplina ausiliaria della medicina a scienza delle piante.

Nel 1842 nacque l’Erbario Centrale Italiano (Herbarium Centrale Italicum, HCI), un’idea del botanico palermitano Filippo Parlatore, che per primo si rese conto della necessitĂ  di un rinnovamento generale della sistematica botanica e degli studi fitogeografici. Sotto la sua direzione l’Erbario divenne non solo punto di raccolta ma vero e proprio centro nevralgico di ricerche e di scambi di campioni vegetali con botanici di tutto il mondo. Da allora molto è cambiato, ma l’erbario resta ancora uno dei principali strumenti per lo studio, la conservazione e la catalogazione delle piante, nonchĂ© un archivio di informazioni storiche stratificatesi nel tempo e spesso ancora inesplorate. Ogni campione botanico, infatti, racconta una storia legata alla persona che lo ha raccolto e al suo percorso, come quello compiuto dal giovane naturalista Charles Darwin durante il suo viaggio intorno al mondo sul Beagle (1831-1836), oppure come i campioni raccolti da Odoardo Beccari nel Borneo a metĂ  dell’Ottocento. Anche le piante che oggi conosciamo e che vediamo in parchi e giardini hanno una lunga storia da raccontare. Ad esempio il “fossile vivente” Ginkgo biloba, che con le sue foglie a ventaglio ispirò lo scrittore tedesco Goethe per alcune poesie. Unico sopravvissuto di una famiglia che prosperava nell’era mesozoica e ritrovato in formazioni boschive nella provincia dello Zhejiang nella Cina orientale, se ne può ammirare ancora all’Orto botanico dell’UniversitĂ  di Padova un esemplare maschio su cui, a scopo didattico, nell’Ottocento fu innestato un ramo femminile che ancora ogni autunno produce abbondanti semi. O come l’Indigofera tinctoria, dalla quale si estrae il famoso “Indaco dei tintori”, un colorante vegetale utilizzato giĂ  4.000 anni fa in India per tingere tessuti naturali e usato anche in medicina e cosmesi oltre che come colore per la pittura; nell’Ottocento fu utilizzato per tingere una stoffa grezza resistente per pantaloni da lavoro di operai e minatori, chiamati “jeans”.

Tra gli esemplari di piante custodite nel Museo ci sono anche quelli raccolti da donne scienziate come le italiane Elisabetta Fiorini Mazzanti (1799-1879) e Silvia Zenari (1895-1956); e forse come la francese Jeanne Baret, esploratrice e prima donna a fare il giro del mondo, imbarcata nel 1766 travestita da uomo insieme al botanico e medico Philibert Commerson, a bordo dell’Etoile, la nave che accompagnava il barone Louis Antoine de Bougainville. Sebbene i fogli d’erbario non riportino esplicitamente il nome della Baret, imbarcatasi in segretezza, in Museo ci sono numerosi campioni di quel viaggio molto probabilmente da lei raccolti.

Altri reperti provengono dalla Lapponia, dalla “Mesopotamia”, dalla Grecia e dalla Turchia, inviati da botanici come lo svedese Carl P. Thunberg (1743-1828), tra i maggiori allievi di Linneo, o l’archeologo italiano Domenico Sestini (1750-1832). Dall’Oriente provengono molti preziosi reperti raccolti dallo scienziato fiorentino Fosco Maraini, padre della famosa scrittrice, antropologo, fotografo, alpinista, scrittore e poeta oltre che appassionato raccoglitore di piante durante i suoi numerosi viaggi, sia in Italia che all’estero, in particolare in Tibet, dove insieme al grande orientalista Giuseppe Tucci raccolse 515 campioni tra i 4.000 e i 5.000 m. di altitudine.

Nel piano di digitalizzazione avviato in questi mesi negli spazi dove ha sede l’Erbario di Firenze, la catalogazione è partita dalle collezioni di tracheofite o piante vascolari (quelle cioè caratterizzate dalla presenza di veri tessuti e organi) dell’Erbario Centrale Italiano e si estenderà via via ad altre raccolte. Prevede di acquisire e rendere accessibili in rete sia immagini ad alta definizione di ogni singolo foglio d’erbario, sia informazioni trascritte dalle etichette, in modo che chiunque, possa accedere a questo tesoro. Inoltre queste preziose informazioni potranno “dialogare” con quelle di altre centinaia di raccolte sparse per il mondo, con l’obiettivo di ottenere un grande database ricco di dati della biodiversità vegetale del passato che possa essere comparata a quella del presente. La messa in rete dei campioni avviene attraverso un network di siti collegati con varie università europee e messa a disposizione di tutta la comunità scientifica nazionale e internazionale, contribuendo in modo significativo allo studio dei cambiamenti climatici.

AGIPRESS

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