AGIPRESS – Repressione del consenso. Così potremmo definire, con malcelato intento provocatorio ma, perché no, ambiziosamente definitorio di un nuovo processo di omologazione culturale ciò che sta avvenendo nelle università italiane. Una minoranza (per fortuna) di studenti, professori e rettori ha deciso infatti che si possa diventare arbitri di conflitti geopolitici attraverso presidi e controindicazioni verbali e fisiche da dare ai governi del mondo per fermare le guerre o, comunque, per deciderne le sorti. Si crede, ad esempio, in modalità palesemente illusoria, che affrontare incolpevoli cordoni di polizia e ferire gli operatori della stessa possa costituire la via maestra per far cessare l’ennesima guerra israelo palestinese. Visto che i governi dei paesi interessati, e sono tanti, hanno abbandonato l’idea della pace per evidenti e reciproche convenienze, ci si sostituisce a questi con l’ardire di chi si sente depositario di verità scientifiche senza alcun costrutto. Ha fatto bene il rettore della Sapienza a rifiutare il confronto con soggetti mal disposti, poiché non si può parlare di confronto se devono intervenire le forze di polizia a controllarne l’avvio e l’esito. Hanno fatto bene i rettori – quelli più responsabili – della Crui a condannare le violenze che purtroppo continuano e a non arretrare sugli accordi di partenariato scientifico con Israele. Così come si deve fare con tutto il mondo della ricerca, dato che è persino scontato che le università non c’entrano nulla con le guerre, non dovrebbero essere faziose, anzi preoccuparsi, per statuto, della coltivazione di idee democratiche e formazione delle coscienze liberali. Fa molta tristezza vedere che ancora nessuno, anche tra le istituzioni, si sia convintamente pronunciato a favore dei poliziotti, continuamente feriti e derisi, mentre sempre con sconcertante rapidità si registrano le pronunce quando un operatore di polizia sembra aver sbagliato la gestione dell’ordine pubblico. Cultura della violenza a senso unico, disparità di trattamento e violazione del diritto al dissenso, che è sacrosanto, ma deve manifestarsi nell’ambito dei nobili principi che la nostra Costituzione per fortuna contiene. Abbiamo anche noi il “diritto al consenso”, per cui la nostra solidarietà, senza se e senza ma, alle forze dell’ordine e a chi per fortuna presidia la nostra democrazia a discapito dei violenti di turno. AGIPRESS
Prof. Avv. Ranieri Razzante
Consulente della Commissione Parlamentare Antimafia
Docente di Tecniche di gestione dei rischi di riciclaggio – Università di Bologna
Docente di Tecniche e regole della cybersecurity – Università Suor Orsola Benincasa