AGIPRESS – Da gennaio 2024 si applicano gli obblighi della cosiddetta Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), la direttiva europea pubblicata nel dicembre 2022 relativa alla rendicontazione societaria di sostenibilità. La CSRD si colloca nel vasto panorama delle politiche dell’Unione europea, del Green Deal e dell’Agenda per la finanza sostenibile e rappresenta un passo avanti nel riconoscimento delle questioni ambientali, sociali e di governance nell’economia e nel sistema finanziario. Oggi la sostenibilità riveste un ruolo centrale nelle strategie aziendali e, alla luce dell’attuale crisi climatica e ambientale, deve essere al centro delle attività e politiche delle imprese. In molte, tuttavia, soprattutto quelle di minori dimensioni, resta ancora un concetto astratto e difficilmente applicabile.
Contenuto e applicazione della Direttiva – In questo scenario la CSRD ha la missione di rendere le imprese responsabili, allargando il numero di soggetti tenuti non solo alla redazione del report di sostenibilità, ma anche alla comunicazione ai propri stakeholder degli impatti delle loro attività sull’ ambiente e sulle persone. La Corporate Sustainability Reporting Directive prevede per le imprese la divulgazione di informazioni a carattere non finanziario, stabilendone le relative modalità di comunicazione, attraverso una dichiarazione sulla sostenibilità con impegni di trasparenza specifici in materia di rispetto dell’ambiente, diritti umani e standard sociali, nell’ambito degli ambiziosi obiettivi climatici dell’Unione. Di conseguenza le aziende sono soggette a controlli e a certificazioni indipendenti, per assicurare l’affidabilità dei dati forniti; la dichiarazione sulla sostenibilità diventerà fondamentale per offrire agli investitori dati comparabili e attendibili, venendo inoltre equiparata a quella finanziaria, garantendo coerenza tra informazioni finanziarie e non. Tutto ciò consentirà alle imprese di aumentare il proprio impegno, monitorare gli indicatori di performance (i cosiddetti KPI) e fissare obiettivi ambiziosi. Insomma una svolta verso un futuro in linea agli obiettivi di sviluppo sostenibile. Nello specifico l’obbligatorietà delle disposizioni della direttiva parte quest’anno solo per le grandi imprese di interesse pubblico (con più di 500 dipendenti), già soggette alla direttiva sulla dichiarazione non finanziaria, con pubblicazione dei dati nel 2025 sull’anno di rendicontazione 2024. Per quelle grandi, non soggette alla direttiva sulla dichiarazione non finanziaria (con più di 250 dipendenti e/o 50 milioni di euro di fatturato e/o 25 milioni di euro di attività totali), con pubblicazione nel 2026 sull’anno di rendicontazione 2025 si applicherà da gennaio 2025; mentre per le PMI e le altre imprese quotate, con pubblicazione nel 2027 sull’anno di rendicontazione 2026 da gennaio 2026, con la possibilità per queste di non applicare la nuova normativa per due anni (ovvero fino al 1° gennaio 2028), salva la necessità di spiegare perché si sia deciso di avvalersi di tale opzione. Infine dal gennaio 2028 le società non europee con almeno una filiale o una succursale nell’Unione e con un fatturato UE superiore a 150 milioni di euro, dovranno pubblicare il primo report nel 2029 relativo all’anno di rendicontazione 2028.
I nuovi criteri – La Direttiva impone alle aziende obblighi di rendicontazione ampi riguardanti: la descrizione del proprio modello di business e della strategia aziendale, del ruolo degli organi di amministrazione, gestione e controllo nelle questioni di sostenibilità, così come la garanzia delle informazioni rendicontate di terze parti. Introduce altresì requisiti di rendicontazione dettagliati e aderenti agli standard di rendicontazione di sostenibilità previsti nell’Unione europea (ESRS) e prevede principi specifici per le PMI, sanzioni minime e il formato digitale dell’Informativa di Sostenibilità. La nuova informativa dovrà avere natura sia qualitativa che quantitativa, fornire scenari sia previsionali che retrospettivi e interessare breve, medio e lungo termine. In conformità con le practices nelle analisi di sostenibilità, gli standard internazionali e la normativa EU sulla tematica, la direttiva introduce il principio di “doppia materialità”,richiedendo di rappresentare nel rapporto:
1) come i fattori di sostenibilità impattano sullo sviluppo performance della società
2) come le attività della società impattano sui fattori di sostenibilità.
Le imprese che non ricadono sotto la Direttiva saranno comunque interessate seppure in modo indiretto; in particolare quelle obbligate alla rendicontazione che dovranno fornire informazioni di sostenibilità dettagliate relative alla loro catena del valore, coinvolgendo i loro fornitori e clienti.
Valutazione di sostenibilità – Ogni organizzazioni, quindi dovrebbe predisporre una valutazione di sostenibilità con particolare riferimento agli elementi ambientali, sociali e di governance, noti anche con l’acronimo ESG (Environmental, Social,Governance) per identificare il proprio posizionamento rispetto ai concorrenti e a individuare punti di forza e di debolezza. A questo seguirebbe un piano d’azione con obiettivi chiari, misurabili e monitorabili nel tempo e infine la predisposizione di un report di sostenibilità ove indicare progressi conseguiti e risultati raggiunti. Sarebbe opportuno che quanto è diventato vincolante per alcune imprese diventi presto comune anche per tutte le altre, nel rispetto delle proprie attività e delle tempistiche necessarie per avviare queste buone pratiche. Ne guadagnerebbe tutta la società, non solo il mondo imprenditoriale. AGIPRESS
Pamela Preschern – Stradenuove