Riportiamo l’intervista all’editore della pubblicazione italiana, Antonio Stango, segretario del Comitato italiano Helsinki per i Diritti Umani, elaborata da “Epoch Time”.
AGIPRESS – «Quando potremo porre fine all’ingiustizia? Quando coloro che non sono vittime si sentiranno oltraggiati come quelli che lo sono». Inizia con questa frase di Solone il libro “Organi di Stato: l’abuso dei trapianti in Cina”, che porterà il nostro Paese dentro il cuore di un abuso dai connotati di un film dell’orrore, girato nei campi di lavoro forzato, nelle prigioni e negli ospedali cinesi.
Il libro, che mette assieme contributi di esperti provenienti dai quattro continenti, verrà presentato questa settimana in due conferenze, a Roma il 18 giugno presso la Sala della Lega italiana dei Diritti dell’Uomo e a Firenze il 21 giugno presso il Consiglio regionale della Toscana, con la presenza del suo co-autore, l’avvocato internazionale per i diritti umani David Matas, candidato al Premio Nobel per la Pace nel 2010 per la sua inchiesta sull’espianto forzato di organi in Cina ai praticanti del Falun Gong, una pratica meditativa che viene perseguitata dal regime cinese fin dal 1999.
Epoch Times ha intervistato via mail l’editore della pubblicazione italiana, Antonio Stango, segretario del Comitato italiano Helsinki per i Diritti Umani.
Conosce David Matas da lungo tempo ormai. Ci può raccontare come vi siete conosciuti?
Ci conosciamo da non meno di 26 anni. David è stato uno dei fondatori del Canadian Helsinki Watch Group nel 1985; io sono stato uno dei fondatori del Comitato Italiano Helsinki per i diritti umani nel 1987, ed entrambi continuiamo da allora ad esserne parte attiva. Le nostre Ong si ispirano all’Atto Finale della Conferenza di Helsinki del 1975, che impegnò Canada, Stati Uniti, l’allora Unione Sovietica e quasi tutti gli Stati europei a tutelare e promuovere i diritti umani come condizione essenziale per assicurare fiducia reciproca e quindi sicurezza, cooperazione e disarmo. Durante gli anni della svolta, che portò al crollo del Muro di Berlino e del sistema sovietico, alle rivoluzioni, alla restaurazione o all’acquisizione di indipendenze, siamo stati presenti in tutto lo scenario della transizione.
Si dice Matas sia una persona oltremodo determinata, di un attivismo quasi instancabile. È una qualità che anche lei le riconosce?
Sà¬, senza dubbio. Fra l’altro, ricordo la sua partecipazione come esperto, con la delegazione canadese, alla Conferenza di Roma che nel 1998 giunse ad approvare lo Statuto della Corte penale internazionale: un passo storico nella costruzione di una giustizia internazionale alla quale un giorno nessuno possa sottrarsi per crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio. La sua attività ha riguardato una gamma molto ampia di diritti umani e di aree del pianeta, come il rispetto del diritto d’asilo in Canada e la situazione generale dell’Iran, e da diversi anni ha analizzato con grande attenzione la questione dei diritti delle minoranze e degli abusi dei trapianti di organi in Cina.
Perché ha deciso di pubblicare il libro di Matas “Organi di Stato” in Italia?
Sono venuto a conoscenza già da qualche anno della materia, attraverso rapporti di organizzazioni internazionali e testimonianze e, in particolare, grazie al libro “Bloody Harvest”, curato da David Matas e da David Kilgour “ con il quale pure mi sono ritrovato in alcune conferenze internazionali “ e pubblicato nel 2006 in Canada. L’anno scorso, a Ginevra, ho partecipato a diversi incontri in cui se n’è discusso; in dicembre, anche con David. In Italia ci sono state alcune iniziative in passato per richiamare l’attenzione, in particolare, del Parlamento e del governo, ma mancava un rapporto completo in lingua italiana. Credo che quest’ultimo lavoro, che raccoglie dati, testimonianze e analisi, meriti di essere diffuso nel nostro Paese.
La questione dei trapianti è profondamente legata al rispetto dell’etica medica. Come pensa risponderà la comunità medica nel nostro Paese?
Solitamente c’è molta sensibilità su questo punto fra i medici italiani. Penso che possa esserci una disponibilità di fondo a sostenere la causa del rispetto universale dell’etica medica, che nel caso della Cina trova un drammatico terreno di confronto.
In Paesi come Australia e Israele il Parlamento si è attivato per legiferare contro il turismo di organi verso la Cina. L’Italia pensa potrebbe seguire questa tendenza?
La legislazione italiana comprende dei limiti all’importazione e all’esportazione di organi e vieta, in particolare, l’uso di organi ottenuti con prelievo forzato da condannati a morte. Penso che estendere il divieto all’uso di organi espiantati a prigionieri di coscienza sia opportuno; occorre studiare le possibilità di farlo in termini legislativi, tenendo conto del fatto che non si può vietare la libera circolazione delle persone, ma si può vietare che in alcuni casi vengano erogati rimborsi dal sistema sanitario pubblico.
Quando si parla di diritti umani violati, spesso non si parla della Cina. Pensa siamo ad un punto di svolta perché la Cina venga finalmente riconosciuta in primo luogo non più come la seconda potenza economica del mondo ma invece come il Paese al mondo che più viola i dei diritti umani?
La consapevolezza che la Cina sia uno Stato che viola gravemente ed estensivamente molti dei principali diritti umani è chiara fra gli osservatori, e non soltanto fra gli esperti della materia. In particolare, il sistema del partito unico, l’ideologia di Stato, la costruzione e la proclamazione di ‘verità ufficiali’ e la negazione di fatto di molti diritti delle minoranze, o delle ‘diversità ‘ in genere, non consentono di sperare che la Cina possa arrivare in tempi brevi al rispetto dei diritti umani cosଠcome sono sanciti nel diritto internazionale. Gli Stati democratici dovrebbero invertire la rotta, rendersi conto che la Cina ha bisogno di loro molto più di quanto lasci intendere. Questo, però, richiede una lucidità di analisi e una capacità di visione che sembra siano diventate molto rare dopo i successi degli anni 80.
Nel libro di Matas si parla del grande numero di praticanti del Falun Gong che sono vittima dell’espianto di organi. La questione del Falun Gong, dopo 14 anni di persecuzione, sembra definitivamente venire alla luce in Occidente. Ha avuto in passato mai occasione di confrontarsi con questa tragedia?
Ho conosciuto diversi praticanti del Falun Gong, letto alcuni rapporti, partecipato a conferenze e manifestazioni. Ho sempre creduto che le istituzioni democratiche debbano sostenere il rispetto dei diritti umani non soltanto all’interno del proprio Paese, ma in tutto il mondo. Questo è vero anche se si tratta di un singolo individuo; quando poi la questione riguarda molti milioni di persone o intere comunità , il richiamo agli Stati responsabili delle violazioni dovrebbe essere costante, in uno spirito di dialogo ma con l’obiettivo di giungere, in tempi rapidi, alla constatazione che le grandi Convenzioni internazionali in materia di diritti umani siano effettivamente rispettate.
Pensa che il libro “Organi di Stato” avrà successo in Italia?
Sarei felicemente sorpreso se avesse successo in termini commerciali, ma l’obiettivo è diverso. La sua pubblicazione è rivolta soprattutto a legislatori, persone di governo, scienziati, medici, oltre che a responsabili di organizzazioni e attivisti per i diritti umani. Proveremo essenzialmente a raggiungere queste persone e i media, con invii mirati, con la diffusione attraverso Internet e con incontri e dibattiti in diverse città italiane.
(Fonte: “The Epoch Times”, www.EpochTimes.it articolo di Andrea Lorini)