Il racconto del cronista e la visita segreta a Firenze. Di MASSIMO VANNI
AGIPRESS – FIRENZE – Può una interiezione cambiare la storia di Firenze? Correva l’anno 1995 quando Berlusconi arrivò la prima volta a Firenze da leader di Forza Italia. Era il Berlusconi che sfoggiava ancora nel volto la vittoria contro la gioiosa macchina da guerra. Non era più a quel momento presidente del Consiglio, il suo Berlusconi I era caduto qualche mese prima, ma l’onda della sua discesa in campo con la famosa cassetta registrata contenente l’incipit “l’Italia è il paese che amo¦” era ancora montante. Era lui il cambiamento, lui e la sua promessa anti-politica di spazzare via le macerie e i partiti della Prima Repubblica naufragata in Tangentopoli. Eppure il suo partito, retto in Toscana da Roberto Tortoli, passato d’un colpo dagli uffici pubblicitari del Biscione agli scranni parlamentari, a riprova che tutto era davvero cambiato, aveva scelto come candidato sindaco Giorgio Morales. In pratica il sindaco del pentapartito uscente: uno dei pochi sindaci italiani sopravvissuto all’ecatombe politica degli scandali, certamente un galantuomo, ma pur sempre un esponente di una stagione politica archiviata dalla inchieste di Tangentopoli.
Morales, socialista lombardiano, aveva accettato: dopo cinque anni vissuti pericolosamente a respingere i ripetuti tentativi di rovesciamento da parte degli eredi del Pci, chissà , era forse in cerca di una revanche, quella di chi dopo anni vissuti nel mirino sogna di invertire le parti. Di trasformarsi da preda in cacciatore. Ma Forza Italia perché lo scelse? Tortoli lo scelse quasi in solitaria, era il partito-azienda, senza neppure la coscienza di essere un partito: il parlamentare aveva spiegato di vedere in lui l’uomo di “grande esperienza politica”, un brand già pronto da spendere sul mercato politico. Una cosa però è vendere pubblicità a chi la vuole comprare, altra è vendere un vecchio prodotto ad un mercato assetato di nuovo: Morales rappresentava l’antitesi di Forza Italia e delle ragioni con le quali era stata presentata.
Quel pomeriggio Berlusconi era arrivato nel cuore della regione che voleva “detoscanizzare” proprio per conoscere Morales, era a Palazzo Vecchio. E quando venni a saperlo, mi fiondai in piazza Signoria, salii le scale, attraversai il salone dei Cinquecento e lo vidi appoggiato ad un tavolo nella sala di Leone X. Un Berlusconi del tutto informale, in tuta da jogging, in solitaria attesa di Morales probabilmente. Le scorte, gli uomini della sicurezza sarebbero arrivati dopo. Berlusconi mi salutò, mi accolse con naturalezza e ne approfittai: “Presidente, che ne pensa del candidato sindaco che avete scelto per Firenze?”. La risposta fu alquanto laconica, ma altrettanto eloquente: “Morales? Mah¦”. Non disse altro. Avrebbe voluto probabilmente. Sicuramente lo fece. Non davanti ai giornalisti. Ma non servଠaltro. Il giorno dopo fu chiaro a tutti che Berlusconi aveva subito la scelta senza esserne convinto. Un atto di onestà intellettuale che suonava come una smentita per il suo ex venditore di pubblicità . Una interiezione che aveva il valore del dubbio, della perplessità e della disapprovazione. Sarebbe cambiato qualcosa se quel pomeriggio Berlusconi avesse cantato le lodi di Morales? Se avesse invitato tutti i fiorentini a votare per il sindaco uscente in nome di Forza Italia? Probabilmente no. Se in Italia l’aria era cambiata, a Firenze era accaduto altrettanto: poche settimane dopo Mario Primicerio, il sindaco della società civile scelto dalla sinistra, spazzò tutto e tutti con il 55 e passa per cento nella prima elezione diretta del sindaco di Firenze. Il giorno seguente l’arrivo di Berlusconi a Palazzo Vecchio però Morales non lo sapeva ancora. E quando mi incrociò nel salone dei Cinquecento mi salutò con inusitato calore: “Sei uno stronzo!”. AGIPRESS
di Massimo Vanni