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11 Maggio 2023

CO2, il batterio che la divora

Speranze e aspettative nella lotta contro il cambiamento climatico.

AGIPRESS – Un organismo unicellulare, nello specifico un cianobatterio, può aiutare nel contrastare la crisi del clima? È quanto si stanno chiedendo diversi scienziati (e non solo) dopo il ritrovamento lo scorso settembre da parte di un gruppo di ricercatori internazionali di un batterio che “mangia” la CO2. Il tutto è avvenuto nelle bocche vulcaniche sottomarine al largo dell’isola di Vulcano. Stando ai ricercatori della Harvard Medical School guidati dal microbiologo Braden Tierney il batterio è capace di trasformare in biomassa la CO2, più rapidamente rispetto ad altri cianobatteri già noti. La scoperta di questo microbo finora sconosciuto in grado di mangiare particelle di anidride carbonica per poi trasformarla in biomasse è avvenuta lo scorso settembre nel corso della prima spedizione CARBON 1 nell’ambito del più ampio progetto “2 Frontiers”, finanziato dalla società biotech Seed Healh. La CO2 è presente in alte concentrazioni nelle acque per la presenza in quell’area di un˜intensa attività vulcanica che produce enormi quantità di CO2: tra le 100 e le 500 milioni di tonnellate in un solo anno secondo uno studio dell’Unione Geofisica Americana. Non è da escludere che proprio che proprio la presenza nelle acque dell’isola di Vulcano di un’elevata quantità di anidride carbonica abbia stimolato il proliferare di cianobatteri con capacità di fotosintesi superiori alla media.

Non si tratta di un caso isolato: lo scorso febbraio il team ha esplorato anche le sorgenti termali nelle Montagne Rocciose in Colorado, negli Stati Uniti, dove i livelli di CO2 sono ancora più alti rispetto alle isole Eolie e i cui risultati sono attualmente in fase di analisi. I possibili impieghi di questi materiali organici come fonte di energia pulita stanno già facendo sperare il mondo della ricerca in materia di tecnologia per l’assorbimento e trasformazione del carbonio. Come ricordato anche in un articolo di Damian Carrington, pubblicato su Il Guardian in cui il giornalista sottolinea come l’utilizzo di questi microrganismi rappresenti un modo efficiente per rimuovere i gas serra dall’atmosfera, porre fine alla combustione di combustibili fossili e quindi la crisi climatica.

Tuttavia questa posizione rivela un entusiasmo eccessivo secondo la maggior parte degli scienziati: per limitare i danni futuri la CO2 deve essere rimossa anche dall’aria, in quanto quando i biocarburanti vengono bruciati, la CO2 catturata ritorna nell’atmosfera. Lawrence Berkeley National Laboratory negli Stati Uniti sta valutando l’uso di batteri per far precipitare i minerali che catturano il carbonio dall’acqua di mare, bloccando l’anidride carbonica. La specificità del microrganismo recentemente scoperto a Vulcano è che affonda nell’acqua, il che facilita la raccolta della CO2 assorbita.

Il batterio certamente non sarà la soluzione ai problemi climatici ma un microbo acquatico a crescita rapida è senza dubbio utile, ad esempio per creare ampi stagni dove catturare il carbonio, come suggerisce Braden Tierney. In America ci sono aziende che impiegano batteri per convertire la CO2 in biocarburanti prodotti chimici; CyanoCapture, nel Regno Unito, sostenuta da Shell ed Elon Musk, sta sfruttando i cianobatteri per produrre biomassa e oli biologici. È stato anche dimostrato che i batteri trovati nelle grotte sono in grado d convertire l’anidride carbonica in minerali, mentre alcuni scienziati stanno considerando l’ipotesi di usare i batteri per ridurre le emissioni di CO2 causate dalla produzione di cemento. L’ingegneria genetica è un’importante alleato delle diverse e interessanti ricerche in corso che, oltre a indagare la capacità dei batteri di catturare la CO2, si concentrano sulla possibile produzione di sostanze chimiche e sottoprodotti industriali quali biocarburanti, composti farmaceutici e bioplastiche. E allora perché non cogliere le opportunità che la scienza e l’impegno di ricercatori ci offrono? AGIPRESS

di Pamela Preschern

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