Ammazzato perché stava portando il Pci al governo con la Dc. Il ruolo di Urss e Usa. Quarantacinque anni senza una verità .
Il commento di MARCELLO MANCINI.
AGIPRESS – La storia del cosiddetto secolo breve, il Novecento, andrebbe riscritta. Probabilmente lo sarà , quando smetterà di essere cronaca e diventerà davvero Storia. Ma dovranno passare molti anni. Penso al caso Moro, esattamente quarantacinque anni fa, il 16 marzo 1978. Troppo pochi per pretendere che tutti i segreti vengano svelati e il mistero del rapimento dello statista democristiano e della strage degli uomini di scorta in via Fani sia chiarito? Moro venne rapito e ucciso dalle Brigate rosse, ma non è stata una vicenda solo italiana. Ancora oggi le ricostruzioni e i protagonisti continuano a trovare spazio nelle cronache. Ancora oggi manca – per esempio – almeno un protagonista dell’agguato, Alessio Casimirri, che fece parte del commando e che è latitante in Nicaragua, coperto per anni dai suoi legami con il Vaticano. Come è stato possibile? E come è possibile che cinque inchieste, otto processi, quattro commissioni terrorismo e stragi, due commissioni Moro, non siano bastati a fare piena luce. E ci siano ancora quattro o cinque colpevoli in circolazione. Mentre fra i condannati c’è già chi vive in regime di semilibertà (Mario Moretti) con sei ergastoli sulle spalle. Ma soprattutto come è possibile che sia stata accettata una verità ufficiale che ne nasconde altre?
Aldo Moro, presidente della Democrazia cristiana, fu ucciso perché stava portando il Partito comunista nell’area di governo. La mattina dell’agguato stava andando alla Camera per votare la fiducia all’esecutivo Andreotti, il primo con l’appoggio del Pci. Si stava realizzando il cosiddetto compromesso storico, al quale Moro aveva lavorato da anni e per cui aveva ricevuto minacce da potenze straniere. In primo luogo dall’Unione sovietica, che non poteva accettare che un Partito comunista di un Paese occidentale arrivasse democraticamente al governo, perché sarebbe stato un duro colpo al suo sistema di potere che ruotava intorno al monolite dell’Est. Per questo l’Urss aveva già impedito il processo democratico nel 1956 in Ungheria e nel 1968 in Cecoslovacchia, interrompendo il percorso con un intervento militare.
A ben guardare è quello che succede ora in Ucraina, dove la vocazione imperialista della Russia di Putin, ricalca quella che fu dell’Unione Sovietica e dove la guerra d’invasione, oggi con bombe e missili, verso Kiev fa rivivere la marcia dei carri armati a Budapest e a Praga. Moro aveva aiutato Enrico Berlinguer ad allontanarsi da Mosca e dal Patto di Varsavia, per avvicinarsi al Patto Atlantico dal quale, lo confessò il segretario del Pci in una storica intervista a Giampaolo Pansa, si sentiva più protetto.
Ma ovviamente – e questa è un’altra tesi, chiamatela pure complottista – l’operazione non piaceva neppure agli Stati Uniti, che non si fidavano dei comunisti. Temevano che una volta al governo sarebbero venuti a conoscenza dei segreti della Nato e avrebbero potuto lavorare per smantellare le basi Usa sul territorio italiano. Si racconta di un burrascoso incontro di Moro, quando era ministro degli Esteri, con il segretario di Stato Henry Kissinger a Washington, dal quale ricevette un durissimo avvertimento perché la smettesse nel disegno di portare il Pci a collaborare direttamente con le forze di governo. Diciamo pure una minaccia. Era il 1974: fu la prima ma non l’ultima volta. Sarebbe successo ancora due anni dopo. La tesi del giudice Ferdinando Imposimato, che indagò sul delitto del leader Dc, fu che Moro si era fatto gli stessi nemici di John Kennedy, cioè i conservatori statunitensi e i petrolieri, che osteggiavano la politica del dialogo con i socialcomunisti e con tutte le forze progressiste.
Proprio in questi giorni del quarantacinquesimo anniversario, è stato svelato un articolo inedito di Moro, finora rimasto nascosto (Il Giorno, all’epoca giornale dell’Eni, si rifiutò di pubblicarlo) nel quale il presidente della Dc denunciava l’ingerenza Usa nella nostra politica e faceva intuire le pressioni che aveva subito dagli americani. Si lamentava che l’Italia fosse un Paese a sovranità limitata. Moro ribadଠche sà¬, reputava normale la preoccupazione dell’alleato, ma proprio per l’eccezionalità della situazione che stava vivendo il nostro Paese, era necessario proseguire nella politica delle <larghe intese>, aperta al Pci di Berlinguer.
Gli scenari continuano ad assediare i dubbi del Paese perché nessuno dei brigatisti processati e condannati anche con più ergastoli, ha detto tutta la verità . Lo Stato non ha avuto la forza (o la volontà ?) di svelare chi c’era davvero dietro le Brigate rosse. Dunque, vivremo chissà quanto tempo ancora con questi misteri. AGIPRESS
di MARCELLO MANCINI