DIRETTORE RESPONSABILE FRANCESCO CARRASSI

1 Marzo 2023

Rivoluzione PD, chi rimane con il cerino in mano

Il commento di Marcello Mancini.

AGIPRESS – Più che la voglia di cambiare ha vinto la curiosità . Ha vinto la voglia di vedere se dietro l’angolo c’è un altro angolo (come domandava Maurizio Costanzo), oppure se c’è davvero qualcosa di nuovo. Dipenderà da quanto Elly Schlein saprà ballare da sola, o se sarà condizionata dagli ingombranti personaggi del passato più o meno glorioso che le stanno nelle vicinanze. Da Bersani a Orlando, a Speranza, da Letta a Franceschini, perfino a D’Alema e Prodi. Viene da domandarsi se sia questo il nuovo che Elly Schlein promette al partito a cui si è iscritta appena in tempo per diventarne il capo?

E bisognerà vedere se le parole che fin qui l’hanno accompagnata sul trono del Pd avranno una traduzione pratica. Perché accusare il Pd trascorso di non aver ascoltato la gente è un ritornello ben noto ma piuttosto consumato. Basterà cambiare il segretario per tornare ad ascoltare la gente, e cambiare la gerarchia delle priorità ? Di certo, siamo di fronte a una svolta: finita la stagione della sinistra riformista, comincia quello della sinistra radicale. E’ pur vero che fin qui il potere e le poltrone hanno prevalso su tutto. Ma ora, che succederà ?

Può darsi che il Pd diventi un Partito radicale senza Pannella (diritti civili, eutanasia, utero in affitto). Che era un gigante, ma non uno che avrebbe saputo governare. E quanto peserà appoggiarsi ai 5 stelle? Quanto inciderà il neo movimentismo della Schlein nello scacchiere internazionale? E i dubbi sull’Ucraina? Domande già fatte in queste ultime ore, troppo presto per valutare.

Pare che siano tutti d’accordo nel sostenere che quello di domenica sia stato un voto anti renziano. Apparentemente ha spazzato via le tracce di Renzi che erano rimaste fra i dem. Prendete la Toscana: le netta sconfitta di Nardella e Giani, che insieme si erano appollaiati sul sicuro carro di Stefano Bonaccini, sa tanto di castigo estremo per chi aveva addosso le scorie del renzismo. Però gli esiti delle primarie – soprattutto la chiara volontà degli elettori – se da una parte sconsigliano a Schlein e dintorni di coltivare alleanze future con Italia viva, dall’altro favoriscono fughe dal Pd (Fioroni, Giorgio Gori) che si è spostato troppo a sinistra e che trovare rifugio proprio nel Terzo polo. Quindi, a conti fatti, Renzi & Calenda avrebbero molti buoni motivi per essere più contenti del successo della Schlein che non di Bonaccini.

La verità è che è tutto da vedere. Il terremoto ha creato scompensi ovunque. In Toscana i due leader ai vertici della maggiori istituzioni sono rimasti con il cerino in mano. Il sindaco Nardella aveva pianificato la sua successione (Federico Gianassi) e soprattutto il suo futuro (deputato eletto alle suppletive), e ora dovrà trattare con la segretaria per trovare un posto nelle prossime liste delle Europee. Quanto a Giani, finita l’epoca della silente Simona Bonafè, se la vedrà con Emiliano Fossi, neo segretario toscano, che gli ha già fatto sapere che cosଠnon va. Con queste premesse, quanto scommettereste oggi sulla ricandidatura del governatore? Sia chiaro, non sono buone notizie. Soprattutto quelle che riguardano le strategie regionali, dove ora ritorna in discussione (già durata 60 anni) anche la seconda pista dell’aeroporto di Peretola. Qui si misurerà la forza del governatore, che ha assicurato spavaldamente che <le cose già decise non si toccano>. Giani ostenta <buoni rapporti con Fossi>, ma bisogna vedere se anche Fossi è della stessa idea di Giani. In questi giorni è un susseguirsi di riunioni top secret, sia in Comune che in Regione, per capire, al di là delle dichiarazioni di facciata, che strada imboccare.

Sono finiti i sogni di un Partito democratico all’americana come lo immaginarono Veltroni e Rutelli nel 2007, quando fecero accoppiare in laboratorio Ds e Margherita. Di americano sono rimaste le primarie, ma in salsa italiana sono diventate tutta un’altra cosa. Mi chiedo che senso abbia avuto aprire il voto ai simpatizzanti, che magari mai voteranno per il Pd e che, in questo modo, hanno sovvertito il risultato degli iscritti. Generando un ibrido: i nuovi padroni dem hanno una maggioranza opposta a quella scelta dai circoli, cioè dall’anima del partito. Molti amministratori locali sono rimasti spiazzati dai nuovi riferimenti. Sembra una trama studiata apposta per creare ancora confusione. Vediamo chi ne approfitterà . E se davvero, tutto questo sconquasso, alla fine sarà un bene. Per il Pd e per il Paese. AGIPRESS

di MARCELLO MANCINI

ARTICOLI CORRELATI
Torna in alto