AGIPRESS – GENOVA – Otto futuri oncologi su dieci intendono proseguire il loro percorso professionale in Italia dopo la specializzazione, quasi esattamente spartiti a metà tra la scelta di lavorare in strutture pubbliche o private. Il 44% circa si vede impegnato nel prossimo futuro in strutture ad alta specializzazione. E tutti concordano sulla centralità del supporto tecnologico per il lavoro da svolgere nei prossimi anni. Sono alcuni tra i risultati emersi nel corso dell’ultimo sondaggio elaborato da Koncept in occasione dell’edizione 2024 di “Cracking Cancer“, il summit delle reti oncologiche regionali in corso a Genova il 10 e 11 aprile. Il questionario, destinato a comprendere le motivazioni che guidano gli oncologi del futuro, è stato rivolto a cinque tra le maggiori scuole di specialità italiane, tra Genova Firenze, Torino, Milano e Napoli, coinvolgendo circa 200 specializzandi.
“Dalle intenzioni dei giovani specializzandi – è il commento di Gianni Amunni, Coordinatore scientifico Ispro – riusciamo a ricavare un quadro del settore nel prossimo futuro. Conoscendo le motivazioni che spingono le loro scelte, possiamo intervenire per creare le condizioni migliori per lo sviluppo della carriera nelle strutture sanitarie del Paese, a beneficio della collettività dei pazienti”. Dalle interviste, che spaziano equamente tra giovani maschi e femmine iscritti dal primo al quinto anno, con un’età compresa tra i 25 e i 35 anni, si apprende – guardando ai dati principali – che l’84,2% ha scelto la specialità oncologica per passione, mentre il 13,2% è stato mosso da casi di neoplasie che hanno riguardato familiari o amici. Alla domanda “se il contributo delle tecnologie digitali in oncologia sia essenziale” il 52,6% ha risposto di sì, mentre la parte restante ha affermato che dovrebbe essere inserito nell’ambito di una strategia più complessa che concerne l’intero Servizio sanitario nazionale. Quanto alle prospettive professionali prossime, il 44,7% si immagina a svolgere attività all’interno di Irccs di area oncologica, attendendo dunque di essere inserito in una struttura ad alta specializzazione, mentre il 30% si vede impegnato in attività negli ospedali territoriali. La parte restante si divide tra la professione di oncologo in ambito universitario (21,1%) e la professione da esercitare in Big Pharma (5,3%). Inoltre, circa il 74% del campione proviene da famiglie senza esperienze professionali in sanità, che riguardano, invece, quasi il 24% degli intervistati. Il 71% dichiara di avere optato per la specializzazione oncologica soltanto durante il suo percorso di studi, mentre il 21% circa ne era certo dall’inizio. L’indicatore che fornisce il quadro più nitido per il futuro dell’oncologia in Italia è probabilmente l’ultimo, dedicato alle intenzioni dichiarate dopo la scuola di specialità. Il 39,5% dice di voler entrare nel mondo del lavoro in Italia senza preclusioni per le strutture private, mentre il 36,8% opterebbe per strutture pubbliche, sempre in Italia. All’estero si dichiara disposto a fare un’esperienza professionale il 21,1% del campione, ma soltanto di breve durata. Il 2,6%, invece, rimarrebbe a lavorare fuori Italia a lungo. AGIPRESS