AGIPRESS – Quante volte vi capita di parlare con qualcuno ed accorgervi che dopo pochi minuti non vi segue più? Sono molto allenato a superare questo problema perché per il tipo di attività che svolgo ho costantemente rapporti con manager, politici, imprenditori ecc… e mi autoassegno sempre dei tempi molto rigidi, da non superare, in un eventuale dialogo con loro. Le responsabilità di chi è al vertice di società, associazioni e ministeri sono talmente vaste che si è costretti mentre si fa qualcosa a pensare già a quella successiva. La soglia di attenzione verso l’interlocutore si assottiglia velocemente col trascorrere dei primi minuti. Bisogna essere bravi ad andare subito al motivo dell’incontro senza tergiversare con racconti, dall’infanzia in poi, che provano invece a fare quasi tutti per familiarizzare.
È uno sbaglio colossale. Chi ti riceve ha comunque fretta e deve ottimizzare. Uno sguardo diretto e una stretta di mano decisa ti aiutano a sentirti “accolto” ma l’attimo dopo non lo devi e non lo puoi sbagliare perché l’imprenditore, il manager, il politico cominciano a guardare il cellulare, a cercare alcune carte che servono per il successivo appuntamento a ruotare con lo sguardo in altre direzioni e non sei più te il protagonista. A volte ti accolgono in piedi e così rimangono, a volte ti fanno accomodare di fronte alla loro scrivania di lavoro, a volte in un comodo salottino. La prima opzione può sembrare la peggiore ma non lo è. L’interpretazione è: ti ho ricevuto perché hai qualcosa di urgente da dirmi, vai al punto e vediamo come procedere. A questo punto non hai scampo, non puoi sbagliare il contenuto della prima frase e il tempo che impieghi. In più devi partire con un tono di voce un po’ alto che rafforzi la convinzione che il tema sia appunto urgente. Recentemente in questa situazione mi sono superato con un autorevole rappresentante del Governo. Avevo chiesto un minuto ad una gentilissima assistente, incredula che ce la facessi, e non sono neanche riuscito ad utilizzarlo tutto, sono uscito prima con il mio interlocutore grato per la mia capacità di sintesi. Mio figlio, gran comunicatore e attualmente single, mi racconta come è cambiato il suo approccio con una donna ad un primo appuntamento. La nuova tendenza è visitare insieme una mostra. Si parla poco e piano perché altrimenti si disturba, ma si dicono le cose giuste, pensate, si prova a tirare fuori un’emozione davanti ad un quadro, qualche idea da condividere. Non si può essere eccessivi come in una discoteca ma sicuramente più se stessi. Se c’è una attenzione reciproca in una situazione di poche parole, probabilmente nascerà anche la curiosità di ascoltarsi meglio in altre situazioni. Negli ambienti di lavoro densamente occupati la “rivoluzione web post-covid” non ha certo contribuito ad alzare le soglie di attenzione. Le riunioni in presenza, oggi sempre più rare, consentivano a tutti di conoscersi meglio, di approfittare di una pausa per organizzare anche una attività privata per condividere qualcosa oltre il lavoro. Oggi la non presenza distrae. Ti puoi “mettere in pausa” quando vuoi. Levarti momentaneamente dallo schermo. Escludere l’audio. Sicuramente l’enorme risparmio che lo Smart- working ha provocato nei bilanci delle aziende piccole e grandi, pubbliche e private, giustifica un “non ritorno” al passato.
Tornando alle tre tipologie di appuntamento accennate prima volevo concludere con quella sicuramente più inutile. È quella quando vieni fatto accomodare dal tuo importante interlocutore nel comodo salottino posizionato all’interno del suo ampio ufficio. Ti senti un Re e pensi che avrà sicuramente del tempo per parlare un po’ con te. La scelta “divano” nell’immaginario provoca un’attesa. Mi offrirà un caffè, ci scambieremo con calma delle idee. Mi considera uno con cui approfondire determinate tematiche. Nulla di tutto questo. Lui/Lei non si siede e continua a girare da un tavolo all’altro raccogliendo carte e controllando telefoni mentre tu parli ad un ‘entità in movimento la cui attenzione in quel momento è difficile da definire. Il finale è che il caffè non arriva, tu rimani isolato nel salottino e quando hai finito di trattare l’argomento non ti rimane altro che andar via ringraziando per l’attenzione! AGIPRESS
Raimondo Astarita